MORTARA NEI DINTORNI E NELLA STORIA – Il monaco senza mani di San Giorgio Lomellina

San Giorgio di Lomellina è oggi un paese tranquillo, circondato da risaie. Ma pochi ricordano cosa sorgeva, secoli fa, al margine orientale del borgo: un piccolo convento, un tempo abitato da monaci benedettini, poi caduto in rovina, e oggi inglobato in alcune case. Nessuno osa più avvicinarsi. Nessuno vuole sentire i colpi. La leggenda inizia nel 1683. Fra Elia era un giovane monaco studioso, silenzioso, appassionato di manoscritti proibiti. Aveva trovato, in una botola sotto il chiostro, alcuni testi antichi, forse d’origine templare, forse eretici. Li copiava di nascosto, nelle notti nebbiose, con le dita nere d’inchiostro e gli occhi consumati dalla candela tremolante. Ma una notte d’autunno, il priore lo sorprese. Lo trascinò in refettorio, davanti a tutta la comunità. I testi furono bruciati. Il verdetto fu pronunciato con voce ferma: blasfemo, tentatore, servo del male. La punizione fu brutale: le mani di Fra Elia vennero tagliate di netto e i monconi avvolti in stracci lordi di sangue e calce. Ma non bastò. Fu murato vivo in una nicchia del sotterraneo, accanto alla cripta, “perché meditasse in eterno sulla sua superbia”. Da allora, si racconta che nelle notti di luna nuova, dai resti del convento si sentano colpi sordi, ritmati, come nocche che bussano contro il muro. Alcuni parlano anche di canti, monotoni e lenti, recitati con voce rotta dal pianto. Chi si avvicina troppo sente un odore acre, di muffa e cera fusa. E qualcuno ha visto, nei riflessi dei vetri rotti, un’ombra incappucciata, senza mani, che si muove come in cerca… di vendetta. I vecchi del paese dicono che nessuno deve bussare tre volte al vecchio muro est del convento. “Non risvegliare chi non ha più mani per benedire, ma solo per maledire.”

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *