Le cappelliere hanno radici che affondano nel Settecento e hanno continuato a essere utilizzate fino al secolo scorso. Inizialmente concepite per riporre cappelli, sia in ambienti domestici che durante i viaggi, si presentavano generalmente con una forma circolare e potevano essere realizzate con materiali diversificati, spaziando dalla pelle- considerata la più pregiata – fino alla fibra e al cartone. Il culmine si registrò durante l’800, periodo in cui erano particolarmente associate ai Grand Tour, viaggi compiuti dall’aristocrazia europea con l’intento di esplorare le principali città europee. Con l’avvento del Novecento trovò nuova vita nel settore alimentare, in particolare nella pasticceria italiana dove si iniziò a confezionare i panettoni all’interno di queste insolite casse. La scelta non era casuale: rispecchiava una mutazione profonda della forma del dolce, passando da un aspetto basso e simile a un pane, a una struttura alta e lievitata. Si rivelarono ideali per garantire non solo un idoneo imballaggio, ma anche una corretta conservazione, più alto e voluminoso rispetto alle sue versioni precedenti. Consentirono quindi il trasporto del dolce con maggiore facilità e contribuirono a una commercializzazione più efficace. Ma, ancor più rilevante, fu il trasferimento di significati positivi dall’oggetto al contenuto stesso. Le cappelliere, cariche di eleganza e prestigio, fungevano da veicolo per conferire al panettone una connotazione di lusso e qualità, rendendolo un prodotto desiderabile coniugando estetica, qualità, bellezza e sostanza. In Collezione conserviamo alcuni esemplari, tra cui quella del noto Guglielmone (in foto), che, da una semplice pasticceria nata a Mortara nel 1883, si trasformò poi in un’industria dolciaria.





