MEDE – Mauro Ottonelli e Ugo Daffara, fotografi per passione capaci di trasformare le immagini in racconti visivi di grande efficacia, portano a Mede “La Nostra Lomellina”. L’allestimento, presso la Sala Conferenze di via Dante, è spartano e essenziale, ma riesce a centrare con precisione il significato della mostra. Paesaggi di campi sterminati, divisi tra la coltivazione del riso e le realtà industriali; cascine sparse da Mede a Zeme; monumenti di grande rilievo come la Cripta dei Cappuccini a Breme o la Pieve di Velezzo; il Castello di Tortorolo, quello di Sartirana e le testimonianze di arte longobarda a Lomello, dal Battistero di San Giovanni ad Fontes alla Basilica di Santa Maria Maggiore. «Ora sono immagini di cronaca, ma tra qualche anno racconteranno la storia del territorio e serviranno per farlo conoscere e per mantenere vive le nostre radici». A parlare è Mauro Ottonelli, reduce da un anno costellato da ben cinque mostre fotografiche, di cui tre dedicate a Istituzioni Riunite E.T.S. di Mede. «Una era dedicata alla Scuola per l’Infanzia e due alla RSA, agli ospiti e al personale che quotidianamente presta servizio, per rendere omaggio al duro lavoro svolto, preziosissimo per la comunità – prosegue Ottonelli –. A Valle ho voluto ritrarre le persone del posto perché i loro vestiti, le loro espressioni e gli atteggiamenti del corpo racconteranno a chi verrà dopo di noi chi eravamo, raccontando la Lomellina». Ottonelli e Daffara utilizzano una street photography “a mano bassa”, ponendo sulla stessa linea di mira mente, occhi ed emozioni: gli scatti nascono di getto. Serve talento ed esperienza per immortalare un’istantanea della realtà e per utilizzare il bianco e nero, così lucido ed essenziale, capace di cogliere sfumature e dettagli che il colore spesso non sa restituire. La mostra sulla Lomellina mette inoltre in evidenza la bravura dei fotografi anche nel cimentarsi con immagini di cascine abbandonate, consumate dal tempo, secondo i canoni dell’“urbex”, un’ulteriore evoluzione del loro linguaggio espressivo. «Questa mostra ci ha regalato davvero molte soddisfazioni – spiega Ottonelli –. Ugo ed io l’abbiamo studiata e concepita per portare la Lomellina a Bagnone, in Lucchesia. Molti medesi di seconda generazione provengono da lì: i loro progenitori arrivarono in queste zone nel dopoguerra. Per mantenersi vendevano maglie e indumenti come ambulanti. Molti di loro hanno fatto fortuna. Questa mostra è dedicata a loro e al loro affettuoso ricordo». A Bagnone l’esposizione è stata accolta con grande entusiasmo e nel 2026 si replicherà. «Torneremo sicuramente in Lucchesia, ma con un tema diverso. Vogliamo far conoscere i pregi del nostro territorio». Alla scoperta di una realtà tutta da esplorare e di un nuovo, sorprendente racconto per immagini.





