A cura di Simone Tabarini
La storia industriale di Mortara è indissolubilmente legata alla Marzotto, tra le più importanti aziende tessili italiane del Novecento. Lo stabilimento sorse nei primi anni Trenta, quando il gruppo, fondato a Valdagno nel 1836 da Luigi Marzotto, decise di espandersi. Mortara, scelta nel 1931 per la sua posizione ferroviaria strategica, e la manodopera disponibile, divenne il centro per le lavorazioni iniziali della lana: lavaggio, cardatura e pettinatura, da cui uscivano semilavorati destinati agli altri impianti. Nel dopoguerra, la fabbrica raggiunse l’apice produttivo, con oltre duemila occupati. La sirena dei turni scandiva il ritmo di Mortara, e la Marzotto non fu solo un luogo di lavoro ma un punto di riferimento sociale. Dagl’anni Ottanta la crisi del tessile, aggravata dalla concorrenza estera e dall’innovazione tecnologica, colpì duramente anche Mortara: la produzione calò, gli organici si ridussero e, dopo un lungo declino, lo stabilimento chiuse definitivamente nel 2005. Si chiudeva così una pagina cruciale della storia cittadina: centinaia di lavoratori persero l’impiego e la fabbrica, un tempo cuore pulsante, divenne un complesso silenzioso di capannoni vuoti. L’area dismessa, circa cinquantamila metri quadrati, oggi è tra i più grandi siti industriali abbandonati della Lomellina, inserita negli elenchi regionali dei siti contaminati e in attesa di bonifica. Progetti di riconversione si sono susseguiti senza esito, e un incendio nel 2023 ha riacceso l’attenzione sul suo destino. L’ex Marzotto resta un simbolo potente di memoria collettiva: testimonianza del sogno, della crescita e del declino di un’Italia industriale che a Mortara ebbe uno dei suoi volti più vivi. Una grande Impresa, cancellata nel tempo.





