Le nostre emozioni: meno incombenze, ma anche un futuro incerto
E va spiegato ai bambini che avere paura è qualcosa di normale
Il lockdown prima e la difficile ripresa poi rappresentano sfide che possono anche apparirci troppo grandi. Così ecco affiorare timori, sensazioni spiacevoli, ma non solo. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Laura Saino, psicoterapeuta mortarese attiva tra Vigevano e Milano. «A mio parere – spiega – si è allargata la forbice non solo economica, ma anche psicosociale. Questa fase appena passata è stata vissuta dalle persone in due modi abbastanza diversi, al di là delle preoccupazioni rispetto al contagio e alla percezione di un nemico invisibile che ha accomunato un po’ tutti: una fascia di popolazione è stata decisamente male, ha vissuto un periodo particolarmente spaventante sotto diversi punti di vista, in primis magari per la presenza di famigliari malati, ma anche magari per problemi lavorativi e condizioni di precariato. Queste ultime sono le persone che anche oggi si trovano più in difficoltà. E poi c’è una seconda fascia che questa quarantena l’ha vissuta in modo completamente diverso, si è potuta sottrarre dalle responsabilità e si è sentita molto libera». Il riferimento è in particolare ai giovani dai 16 anni circa, età in cui inizia il distacco dalla famiglia di appartenenza e sopraggiunge la ricerca di un’individualità, fino a periodo post universitario, toccando anche i 30 anni: «In questa fascia giovane esiste un confronto con i coetanei forte. Per chi magari si è sempre sentito in difetto rispetto agli altri è stato possibile, con il lockdown, sottrarsi al confronto. Ad esempio la didattica online, pur complessa da gestire e seguire, ha offerto la possibilità di avere esami in privato, senza gli occhi altrui su di sé. Inoltre abbiamo registrato un forse senso di deresponsabilizzazione in molte fasce di età, una sorta di intervallo dalla vita, dalle incombenze, per gli adulti magari anche da alcune rate, più in generale dalle fatiche emotive che si vivono nei progetti di vita». E oggi, con questo lento ritorno a una forma di normalità «c’è una forbice importante che dipende da come si è vissuta la quarantena e da come anche si cercando di ripartire. La cosiddetta “sindrome della capanna” si è oggi attenuata, perché è calata la paura del contagio e del contatto con gli altri, è meno percepita. Come specie umana, va detto, abbiamo una grossa capacità di adattamento, e questi timori piano piano stanno venendo meno». Esiste tuttavia una paura, in taluni casi, legati alla progettazione: «C’è anche – aggiunge la dott.ssa Saino – chi non se la sente di prendere decisioni a lungo termine, magari riguardanti il comprare casa, il cambiare lavoro. Questo processi di sviluppo spaventano molto. Ci troviamo a dover affrontare il pensiero che tra qualche mese potremmo essere di nuovi chiusi a casa… Questi possono divenire pensieri invalidanti rispetto alle scelte di vita». E gli adolescenti? «In questo momento molti stanno vivendo una sorta di scontro con i genitori. I ragazzi si sono adattati abbastanza bene, sono stati in gamba quando si è trattato di restare in casa, pur non avendo dentro di loro tutte le strutture per comprendere appieno la pericolosità del momento, ma adesso stanno crescendo i conflitti familiari dovuti al fatto che i ragazzi hanno molte tensioni, forse anche l’insicurezza data dall’aver perso il senso di continuità della vita. Per gli adulti questo senso di stabilità delle relazioni è più forte, mentre per i più giovani alcune relazioni, dopo mesi, possono sfilacciarsi».
Veniamo ai bambini. Come approcciarsi a loro durante un’emergenza simile? «L’atteggiamento da usare varia da bambino a bambino. Fondamentale è, anche oggi, fare in modo che il piccolo si trovi il più possibile in un ambiente in cui c’è una percezione di sicurezza. Le fragilità dei genitori possono essere veicolate come normali, sotto controllo, è possibile spiegare ai figli che va bene anche sentirsi spaventati, magari tavolta tristi. I bambini percepiscono i cambiamenti. Un consiglio è quello di osservare i propri figli e provare ad accorgersi di alcune eventuali difficoltà. Abbiamo registrato disturbi del sonno, problemi di ambientamento ma anche di cooperazione. Stanno ripartendo i centri estivi, e potrebbero sorgere criticità nel separarsi dai genitori o dalle figure con cui i bambini sono stati in contatti in questi mesi. Se vediamo nostro figlio irritabile – chiude la psicoterapeuta – vale la pena di fermarsi e parlare per capire come si sente, tranquillizzandolo rispetto a paure che possono essere del tutto comprensibili».