Il celebre artista, garlaschese doc, presenta l’opera e svela: «Mi sono affezionato sempre più a questa terra»
GARLASCO – È innegabile che Rosalino Cellamare, in arte Ron, sia il più grande cantante che la Lomellina abbia mai avuto. Garlaschese e originario di Dorno, ormai ha compiuto 50 anni di una lunga e luminosa carriera nel mondo della musica, e non solo. Col suo carisma e la dolcezza che lo hanno sempre contraddistinto ha incantato l’Italia con capolavori come “Vorrei incontrarti tra cent’anni” e collaborazioni come “Piazza Grande”, che ha fatto sognare il Paese intero. A distanza di quattro anni dal suo ultimo album, “Lucio!”, a fine anno uscirà il prossimo, anticipato da due singoli, “Abitante in un corpo celeste” e “Sono un figlio” (su etichetta Le foglie e il vento e distribuzione Sony Music). Proprio il video di quest’ultimo singolo, che come copertina porta il mosaico di riso “Risegno” dell’Ente Risi raffigurante la rosa dei venti, è stato girato tra Mortara e Vercelli, alla tenuta Colombara. Ron si muove tra il riso e le stanze storiche dell’ex cascina delle mondine che ora appartiene alla famiglia Rondolino e ospita la produzione del raffinato riso Acquerello.
– Allora, la copertina di questo singolo parla da sé, vogliamo partire da qui?
Certo. Parla da sé perché in fondo il mio singolo è una canzone che parla anche di terra. Io e la mia famiglia abbiamo abitato per tanti anni qui in Lomellina, in questa splendida campagna. Quando mi è arrivata questa foto- del Risegno- mi ha affascinato un po’ sia perché era il riso, simbolo della zona, sia perchè quando l’ho vista ho notato la sua dimensione -25 campi da tennis- e ho pensato a quanta importanza potesse avere per noi questo Risegno, e che effettivamente ha.
– Nella canzone parla dei suoi genitori, Savino e Maria, e della loro storia d’amore.
Esatto, parla della nascita della loro storia d’amore. Si conobbero durante la Seconda guerra mondiale. Mio padre stava scappando dai tedeschi, in quel periodo c’erano rastrellate continue; e una sera proprio mentre stava cercando rifugio, scavalcò un cancello a Magnago entrando in una cantina dove si addormentò sfinito. Fu mia madre a trovarlo la mattina dopo e da lì comincio la loro storia d’amore che non è mai finita.
– “Vendeva l’olio col sidecar”, com’era suo padre?
A mio padre serviva una moto con un posto di fianco per tenere l’olio. Per cui lui andava per le campagne della Lomellina a vendere olio alle famiglie delle cascine. Nei suoi viaggi si sentiva un grande pilota e amava Steve McQueen come cito nella canzone, lui amava i suoi film dove scappava dai tedeschi, si immedesimava.
– Il videoclip è davvero suggestivo, soprattutto per chi conosce questa terra, qual è il suo rapporto con la Lomellina?
È un rapporto che dura da quando sono nato a Dorno e poi trasferito a Garlasco. Fin da bambino ho cominciato a camminare per i campi di riso e girasoli e ho cominciato ad affezionarmi sempre di più a questa terra. Sai, una volta mi sono aggirato in un campo di girasoli e ho cantato a squarciagola; avevo sette o otto anni, e mi sono impegnato al massimo come fosse stato un pubblico di persone. Sono legato ai suoi colori: al verde, il giallo e l’azzurro. Mi piaceva anche la nebbia, così nostalgica. Ma purtroppo il clima sta cambiando e le stagioni si distinguono meno.
– “Sono un figlio venuto al mondo per amore, in un tempo dove tutto era da fare”, com’era questo tempo, in quegli anni, nella Lomellina di allora?
In quegli anni c’era quello che c’era e si viveva senza cercare nulla. Mio papà appunto vendeva olio e io cominciai ad andare a scuola e avere tutte le mie amicizie e si aveva tutto qui e addirittura il telefono di casa mi diceva mia mamma ce l’aveva solo il dottore. Infatti quando andavamo al mare da una cabina chiamavamo il dottore per sapere come si stava a casa. Il mondo era diverso e la gente era diversa. C’erano i cortili e le famiglie si aiutavano molto tra loro. Io sono nato in un cortile, e quando stavo per nascere mi aspettavano tutti davanti alla porta.
– L’ambientazione del video è alla tenuta Colombara, come mai questa scelta? Il regista- Gianluca Calu Montesano- ha scelto questa location, il campo del risegno è anche vicino e lui conosceva le persone di questa riseria. Siamo rimasti a girare in questa cascina in una stanza di utensili e nel grande salone dove dormivano le mondine coi letti e i cappelli. Che poi mia nonna Emilia andava a mondare il riso, era una mondina anche lei. In questa canzone ho legato tutte le storie.
– Questo è il secondo singolo dopo: “abitante in un corpo celeste” un concetto ritorna in entrambi i testi: quello di girare/correre intorno al sole, è voluto?
È voluto, esatto. In fondo siamo sempre legati a noi stessi e pensiamo molto a noi, cerchiamo di costruire più di quello che abbiamo e cerchiamo di correre intorno al sole e ci dà la sensazione di essere più felici, ma volte è bello accorgersi delle cose che semplicemente abbiamo intorno.
– Come sarà questo nuovo album, è il suo 42esimo questo, giusto?
Non posso raccontarlo perché deve essere una sorpresa, ma è stato tutto scritto in pandemia, durante questo periodo che ha fatto male e soffrire tutti. In un primo momento ero bloccato sia nei testi sia nelle musiche fino a quando poi piano piano con altri amici abbiamo iniziato a scrivere insieme.
– Sono 50 anni di una splendida carriera musicale e non solo, pensava che sarebbe arrivato così in alto?
Sono stato un uomo fortunato e ho avuto la possibilità di incontrare persone importanti come Dalla, De Gregori e Venditti.
– In questi ultimi anni ha anche realizzato un suo grande sogno, quello di creare “Una città per cantare” a Garlasco, è fiero di come procede questa scuola?
Sta andando molto bene, in qualche modo siamo andati avanti dopo la pandemia e i ragazzi sono sempre parecchi ad iscriversi e sono molto contenti. Poi dalla scuola è uscita Enula, la ragazza che ha fatto Amici20 di cui siamo molto fieri.
– Nel suo singolo, nella parte: “La vita ci sorprende così tanto, così tanto” si sente nella melodia l’eco del suo sodalizio con Lucio. A così tanti anni di distanza da quel primo incontro come lo ricorda?
Ero molto giovane, pensa che a Sanremo avevo 16 anni. La casa discografica mi aveva chiamato a Roma, che ho raggiunto con mio padre, perché questo cantautore aveva una canzone per me. E Lucio è arrivato in ritardo, tutto ingessato perché mentre stava venendo aveva avuto un incidente. Mi aveva fatto sentire questa canzone: “Occhi di ragazza”, che mi piacque molto. La cantai bene e fui mandato Sanremo. Poi da “Piazza Grande” divenni un autore autonomo e iniziammo a scrivere testi a vicenda, ma è un’altra storia.
– Qualche progetto in futuro?
No, in questo momento sono impegnato solo all’album.