Roberto Canavesi, una vita dedicata alla musica. Da lui sono passate le voci dei più grandi artisti

Il mondo dello spettacolo è stato, senza alcun dubbio, il più colpito dagli effetti economici della pandemia. Teatri chiusi, produzioni bloccate, concerti rinviati. La chiacchierata con Roberto Canavesi, musicista e fonico mortarese, non può che partire da qui. «È stato un periodo davvero duro – mi racconta davanti al consueto caffè, che fa da corollario alle mie interviste – praticamente siamo stati fermi un anno e mezzo. E non è stato facile. Per fortuna, io ho una storia alle spalle, i miei contatti e sono riuscito a riprendere la mia attività. Ma non per tutti è stato così». Ecco, una storia alle spalle. Fatta di note musicali e di tanta capacità di reinventarsi. «Ho studiato pianoforte prima a Mortara, poi al conservatorio di Alessandria. Erano gli anni ’90 e, diplomato, ho iniziato a fare pianobar in un periodo in cui non esistevano le basi musicali ed erano quindi inferiore il numero dei musicisti che si dedicavano a questo ambito. Ho bei ricordi di quel periodo, ero giovane e giravo un sacco di posti facendo ciò che amavo di più, suonare. Purtroppo, con l’entrata in scena delle basi musicali, il mercato si è aperto anche a chi non aveva un passato in conservatorio e chiedeva compensi più bassi per le serate. Molti gestori dei locali hanno finito per guardare più al lato economico che alla qualità della musica e per me non è stato più conveniente continuare su quella strada». Roberto è un ragioniere, molti altri avrebbero mandato i curricula negli uffici amministrativi e lasciato perdere le note. Ma non lui. «Sono andato a lavorare prima alla casa discografica Fonit Cetra a Milano, poi ho iniziato a suonare con Gianni Gastaldo, che aveva uno studio di registrazione a Borgolavezzaro e produceva dischi. Con lui ho imparato il lavoro del fonico di studio e mi sono appassionato, tanto che ho deciso di mettermi in proprio. Negli anni successivi ho registrato lavori importanti, come il brano “Non si cresce mai” con cui Bobby Solo è andato a Sanremo nel 2003 insieme a Little Tony. Inoltre, era ancora un periodo in cui le case produttrici, come la Sugar Music di Caterina Caselli, investivano sui giovani talenti e li mandavano da me o da altri studi a incidere. Col tempo, questa buona abitudine si è persa e ora, a chi inizia, viene richiesto il prodotto finito, che avrebbe costi troppo alti per un esordiente. A complicare ulteriormente le cose, c’è stato l’avvento del digitale, per cui oggi, davvero, con competenze minime e con costi risicati, chiunque può autoprodursi». Avete capito ormai che Roberto non è uno che si arrende o che sta lì ad aspettare che le cose gli piovano addosso. Se si deve cambiare, si cambia. «Esatto. Ho deciso a quel punto di aprire una società di Service, ovvero fornisco luci, audio, video per spettacoli teatrali, concerti, eventi e curo che tutto sia perfetto nella messa in scena. Per esempio, in questo periodo sto lavorando con le produzioni teatrali di Lella Costa, che sta portando nei teatri un’opera molto interessante dal titolo “Se non posso ballare…non è la mia rivoluzione”, ispirata al testo “Il catalogo delle donne valorose” di Serena Dandini. Negli anni ho fatto tournée con tantissimi artisti, come Giobbe Covatta, Jacchetti, Gino Paoli, Amii Stewart, Sara Jane Morris, oltre che, naturalmente, con il mortarese Gabriele Comeglio». Una vita sempre in viaggio, dunque. Ma non ti pesa un po’? «In viaggio, sì, il più delle volte di notte, tra un albergo e un altro. Se mi pesa? A volte sono stanco, ma è la mia vita e non potrei vivere altrimenti. Per un anno ho lavorato come fonico in Sky, tranquillo, meno grane, orari umani. Me ne sono andato perché mi sentivo soffocare». Come canta Lucio Battisti “In un mondo che/Prigioniero è/Respiriamo liberi/Io e te”, la libertà di Roberto è tutta lì, nella sua musica. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *