A cura di Simone Tabarini.
In Lomellina, tra risaie e rogge, un tempo fiorivano mestieri oggi scomparsi, che raccontano una storia di fatica, ingegno e legame profondo con la terra. Le “mondine”, giovani donne che mondavano il riso chinandosi per ore sotto il sole, sono forse l’emblema più noto di questo passato. Con la meccanizzazione e l’uso di diserbanti, la loro figura è svanita, ma i canti e le testimonianze restano vivi nei musei locali, come quello di Olevano di Lomellina, che conserva attrezzi e fotografie d’epoca. Accanto a loro, operavano i “bergamini”, allevatori itineranti che conducevano le mandrie tra alpeggi e pianure. Anche l’artigianato ha visto l’estinzione di mestieri come il “calderaio”, che riparava utensili in rame, e il “carraio”, costruttore di carri agricoli. Questi artigiani itineranti erano parte integrante della vita rurale, offrendo servizi essenziali nelle cascine e nei borghi. La Lomellina era anche un centro di attività industriali: Vigevano, ad esempio, fu un importante polo tessile e calzaturiero. Nel XIX secolo, la città contava numerose filande e opifici, impiegando migliaia di lavoratori. Con il tempo, queste industrie hanno lasciato il posto a nuove realtà economiche, ma il ricordo di quel fervore produttivo è ancora presente nella memoria collettiva. Oggi, eventi come il Palio d’la Ciaramela a Mede rievocano la vita contadina tra il 1880 e il 1930, celebrando mestieri e tradizioni ormai perduti. Musei e feste popolari contribuiscono a mantenere viva la memoria di questi lavori, offrendo alle nuove generazioni uno sguardo sul passato e sull’identità culturale del territorio. Ricordare questi mestieri significa onorare le radici di una comunità che ha costruito la propria storia con le mani e il sudore.