RIFLESSIONI LIBERALI – Mancano troppi infermieri.

A cura di Matteo Grossi – Membro Fondazione Luigi Einaudi.

Che il sistema sanitario italiano stia affrontando una grave emergenza non è una novità. Tuttalpiù deve farci riflettere seriamente il fatto che, ogni anno, il nostro Paese perda 10mila infermieri tra dimissioni, emigrazione e pensionamenti. Il problema principale è che il ricambio generazionale non è sufficiente a colmare questo vuoto, con conseguenze pesanti sia per i professionisti che restano in servizio sia per i pazienti. L’Italia è nei fatti uno dei Paesi più longevi al mondo, con oltre 11 milioni di cittadini sopra i 65 anni, molti dei quali affetti da patologie croniche. Secondo la Fondazione Gimbe – che da anni è il punto di riferimento per il monitoraggio del Sistema sanitario nazionale – la situazione sta rapidamente precipitando: oltre ai 10mila infermieri che lasciano ogni anno, ce ne sono altri 78mila che superano i 55 anni e che (presto o tardi) chiederanno di godere della meritata pensione. Il tasso di sostituzione è insufficiente e la carenza di personale rischia di compromettere l’intero sistema. Uno dei problemi principali riguarda la retribuzione. I nostri infermieri guadagnano circa 48mila euro lordi annui, ovvero 10mila euro in meno rispetto alla media Ocse. Tuttavia tali stipendi, già bassi in termini assoluti, risultano ancor meno competitivi se prendiamo in considerazione il costo della vita nel nostro Paese. Non sorprende dunque che molti professionisti scelgano di trasferirsi all’estero. Inoltre, la formazione degli infermieri in Italia è insoddisfacente: se ne laureano soltanto 16 ogni 100mila abitanti, rispetto ai 44 della media europea. Questo dato indica una mancanza di investimenti nella preparazione di nuove generazioni di questa figura professionale, lasciando il sistema privo di risorse umane qualificate. Per contrastare questa situazione, la Fondazione Gimbe ha proposto un piano straordinario per il rilancio della professione infermieristica. Tra le misure suggerite vi sono: l’incremento salariale per avvicinare gli stipendi italiani agli standard europei e rendere la professione più attrattiva; il miglioramento del welfare con agevolazioni per il trasporto, parcheggi e alloggi a prezzi accessibili per il personale sanitario; nuove specializzazioni infermieristiche per garantire una crescita professionale e una maggiore valorizzazione delle competenze; una progressione di carriera chiara e meritocratica, con incentivi per chi si forma e acquisisce nuove competenze; una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro, funzionale a ridurre il fenomeno delle aggressioni che, solamente nell’ultimo anno, hanno superato i 18mila casi nei Pronto soccorso e nelle corsie ospedaliere. La carenza di queste figure non è soltanto una questione professionale, ma un fattore che incide sulla salute dell’intera popolazione. Lo abbiamo scritto molte volte su queste pagine: se non si interviene subito, con misure concrete, il rischio che il sistema sanitario non riesca più a garantire cure adeguate è imminente. Si deve agire con tempestività, così da garantire che la professione infermieristica sia valorizzata, oltre che tutelata. Investire nei professionisti della salute significa investire nella salute pubblica. Un’urgenza che non può né deve più essere ignorata.

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