A cura di Simone Tabarini
Candia Lomellina, anno del Signore 1570. Il sole stava tramontando dietro le risaie, tingendo di rosso le acque immobili. In quella quiete sospesa, una figura avvolta da una cappa scura avanzava lentamente lungo la via polverosa che portava al centro del borgo. Era San Carlo Borromeo, l’arcivescovo di Milano, in viaggio pastorale verso le terre del Monferrato. Candia era allora un crocevia di viandanti, soldati e pellegrini. La gente, povera ma devota, accorse attorno al prelato, che camminava a piedi, affaticato, ma con lo sguardo saldo. Quando giunse nella piazza, proprio lì dove oggi sorge la colonna di pietra, San Carlo si fermò. Fece cenno di sedersi. Una pietra squadrata, forse parte di un vecchio cippo, fu posta come sedile. Il santo rimase in silenzio per alcuni minuti. Poi alzò le mani e benedisse il borgo, i suoi figli, i suoi campi, i suoi raccolti. Pronunciò poche parole: “Qui rimanga il segno del passaggio della grazia.” Da allora, si racconta che il luogo del suo riposo divenne sacro. Molti anni dopo, nel 1727, in quel punto preciso fu eretto il Rulin, una colonna ottagonale, semplice ma solenne. I vecchi del paese dicevano che nessuno doveva mai urtare quella colonna, né sedervisi sopra per gioco: portava rispetto. Chi lo faceva, rischiava piccoli incidenti, malesseri passeggeri o sogni turbati da figure in abito vescovile. Ancora oggi, nelle sere d’autunno, alcuni anziani si radunano nei pressi del Rulin e raccontano ai più giovani la storia del giorno in cui il santo camminò tra le loro strade, lasciando un’impronta che il tempo non ha cancellato. E se passi davanti al Rulin e ti fermi in silenzio… potresti sentire il fruscio del suo mantello e una voce antica sussurrare una benedizione.