Cesare Capettini, partigiano mortarese deportato al campo di Mauthausen

di Cristina Colli

MORTARA – La vicenda biografica di Cesare Capettini è strettamente legata a quella del fratello Arturo, come lui partigiano, come lui vittima della guerra civile che segue l’armistizio dell’8 settembre. Nato a Fubine Monferrato il 3 aprile 1909, è l’ultimo di quattro figli e vive a lungo a Mortara, lavorando, prima del secondo conflitto mondiale, come operaio meccanico. Nel 1939 si trasferisce con il fratello Arturo e la moglie Matilde Bottero a Milano, dove la guerra li sorprende, con l’inizio di un inferno fatto di bombardamenti, privazioni, distruzioni. Cesare viene arruolato nella contraerea ma, dopo l’8 settembre 1943, torna a casa a Mortara, dove vive nascosto per evitare di essere arrestato come disertore. Intanto il fratello Arturo, che non è partito per il fronte e che fin dalle prime fasi della guerra è entrato nella Resistenza, ha fatto del suo negozio di biciclette in Viale Montesanto 10 a Milano un punto di riferimento per tutti coloro che combattono fascisti e nazisti: dopo l’armistizio continua e intensifica la sua attività di boicottaggio con azioni di stampa clandestina e raccolta di materiale bellico. Tra l’inizio di novembre e la fine di dicembre 1943, il 17^ distaccamento Gramsci che agisce a Milano, riesce a mettere a segno una trentina di colpi, causando ai nazifascisti la perdita di oltre una quarantina di uomini tra morti e feriti. Dal canto suo la stampa fascista, nell’evidente intento di sminuire la portata e le conseguenze della guerriglia urbana ormai in atto, si astiene da ogni commento, limitandosi a segnalare qualche aggressione ad opera di ignoti, finché l’uccisione del federale Aldo Resega non la obbliga ad accusare il colpo. Il 17 dicembre 1943, infatti, un commando tende l’agguato mortale ad Aldo Resega in via Bronzetti a Milano. La reazione fascista è immediata e rabbiosa. Il 19 dicembre vengono fucilati all’Arena otto antifascisti detenuti a San Vittore e il giorno seguente lì si svolgono in forma solenne i funerali di Resega. Le esequie sono congegnate in modo da trasformarsi in una grandiosa manifestazione di forza e di propaganda del fascismo repubblichino milanese: migliaia di camicie nere seguono il feretro attraverso le vie del centro. In questa situazione esplosiva, il 18 dicembre del 1943, mentre si sta recando a trovare la famiglia sfollata a Mortara, Arturo Capettini incappa in uno dei tanti controlli disposti in seguito all’attentato: riconosciuto come antifascista, viene arrestato. Cesare, fortemente preoccupato per la possibile scoperta di armi nel negozio milanese, decide di spostare il materiale. Insieme alla moglie di Arturo, Matilde, si reca da Mortara ad Abbiategrasso in bicicletta, poi in tram fino a Milano, dove provano ad attuare il loro piano. Ma l’operazione, per una delazione o a causa della sorveglianza, viene intercettata e la milizia fascista arresta Cesare. Condotto a San Vittore, nello stesso raggio di Arturo, nonostante le brutali percosse, non rivela nessuna informazione sull’attività clandestina. Arturo muore fucilato il 31 dicembre 1943, mentre Cesare viene deportato a Mauthusen nel febbraio 1944, probabilmente con il trasporto giuntovi il 21: destinato al sottocampo di Gusen, muore lì il 4 marzo del 1945.

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