IL NUOVO responsabile, NOMINATO MARTEDì, È CARLO PROTTI
Ha fondato il sodalizio nel 1972 e ha favorito una cinquantina di interventi di restauro di opere artistiche che sarebbero state destinate alla decadenza.
Sono passati quasi cinquant’anni con la presidenza di Italia Nostra Sezione Lomellina affidata a Giovanni Patrucchi. Da ieri, però, non è più lui a prendersi la responsabilità dell’associazione. Ha deciso di lasciare il passo ed è stato nominato l’architetto Carlo Protti per il prossimo triennio. La sezione che ha sede a Mortara in corso Garibaldi compirà i cinquant’anni nel 2022. Giovanni Patrucchi, però, il suo mezzo secolo di iscrizione se l’è già lasciato alle spalle. «Mi sono iscritto nell’ormai lontano 1969 – racconta Patrucchi – E ho cercato di coinvolgere altri. Volevo che nascesse una sezione anche sul nostro territorio. I problemi più grossi sono sorti quando cercavo di convincere la gente sulla tutela del patrimonio artistico, le tematiche ambientali e sul paesaggio. Su questi temi c’era molta sufficienza». La sezione mortarese, comunque nacque nel 1972 e anno dopo anno, gli associati aumentarono. L’opera di sensibilizzazione che aveva iniziato Patrucchi con il suo esempio stava trasformando anche le coscienze. Il primo presidente fu Giovanni Patrucchi. «È arrivato il momento di lasciare l’incarico. gli avvicendamenti sono sempre positivi, il ricambio porterà energie e idee nuove» ha affermato ieri Patrucchi. Lo storico presidente rimarrà comunque con l’impegno di salvaguardare, valorizzazare, promuovere e recuperare il patrimonio storico, artistico e naturale della nostra città e del territorio. In questi cinquant’anni il bvilancio è positivo. «Ci sono state anche battaglie perdute – ammette Patrucchi – ma la sezione ha dato alla città momenti culturali, incontri, conferenze, proiezioni e mostre; ha avanzato proposte e progetti a volte ignorati altre volte recepiti, e restano due collane editoriali: “Archivio Lomellino” e “Quaderni di Archivio Lomellino”. Resta – conclude Patrucchi – la restituzione alla città di un ingente patrimonio mobiliare, molti interventi di restauro, una cinquantina, realizzati su edifici e manufatti artistici, non solo della nostra città, destinati senza il nostro intervento, ad una lenta ma inevitabile decadenza».