L’estro infinito di Gian Pieretti, dalla personale rilettura della Bibbia fino alla band “Prossima generazione”: «I giovani? Fanno solo rap…»

Incontro Gian Pieretti al Caffè d’Autore, che è un po’ il suo ufficio mortarese, dove ogni mattina beve un bicchiere di latte, chiacchiera con gli amici, commenta l’attualità. Pistoiese di nascita, milanese d’adozione, lomellino per scelta, Gian Pieretti è un cantautore che ha attraversato la storia della musica italiana degli ultimi sessant’anni, partecipato a Sanremo con “Pietre” e scritto pezzi per i più grandi cantanti italiani. Ma è di altro che mi vuole parlare oggi. «Quello che mi piace fare in questo momento è scrivere» mi dice con lo sguardo vivo ed entusiasta di chi ha sempre nuove idee per la testa. «Ho appena pubblicato il libro “Il Bibbio”, ovvero la Bibbia secondo Gian Pieretti, una mia rilettura in chiave ironica del bestseller più famoso al mondo». Sarà che chi lo intervista ha scritto “Il Vangelo secondo Lacolli”, ma questa informazione fa scattare un’empatia immediata. Come mai ha deciso di intraprendere un’opera così faticosa? «Non avevo mai letto la Bibbia, così ho iniziato, ma dopo poco mi sono reso conto che, a parte i Vangeli, il resto sembrava più l’elenco dell’anagrafe, con tutti quei nomi, parentele, mogli, figli. Insomma, un po’ ostico da leggere, no? Allora ho riscritto gli avvenimenti più importanti cercando di renderli più leggeri, nella speranza che più persone si avvicinino a questa storia bellissima». La scrittura è l’interesse attuale di Gian Pieretti, ma io voglio sapere altro. Di musica, ovviamente. «Sto incidendo un disco di inediti. Sarà l’ultimo disco che farò. Poi scriverò e basta. E nel frattempo ho creato un nuovo gruppo musicale che si chiama “Prossima generazione”, in cui ci sono artisti come Dino, Donatello, Paki de “I nuovi Angeli”: cantiamo insieme in un concerto di due ore in cui a turno interpretiamo le canzoni di tutti noi. Stiamo valutando anche di andare a San Remo come ospiti». Penso che il senso dell’ironia di quest’uomo sia una delle sue caratteristiche vincenti e non resisto a chiedergli: perché “Prossima generazione” è un gruppo composto da cantanti di età media 75 anni? «Perché oggi non c’è niente che valga la pena ascoltare. I giovani intendo. Ora fanno tutti rap, che non ci appartiene perché è americano e non ha nulla a che fare con noi, inoltre è solo ritmo con parole di chi non ha rispetto per nulla; la nostra vita ha bisogno di melodia, di poesia, di amore. Nei giovani, questo non c’è». «Bè, ma ci sarà qualcuno che le piace?». «Dei più giovani no. Mi piace Jovanotti, che ha saputo evolversi e che ha dei testi eccellenti, Vasco Rossi, anche se le ultime sono ripetitive, Zucchero. Il migliore resta sempre lui, Renato. Renato Zero intendo. Insuperabile». E tra le donne? «Nessuna, anche qui. La Nannini, ecco, lei è brava». Gli faccio notare che la Nannini non è annoverabile tra le giovani proposte. «Eh, lo so, ma tra le giovani nessuna mi emoziona. Nessuna è come Mimì o la Bertè. Anche se Loredana ha scelto un modo di porsi che non mi piace, con quei capelli blu e quell’abbigliamento che non la valorizzano certo». E poi inizia a parlarmi di un progetto sui politici nel Purgatorio («Non per niente il mio nome di battesimo è Dante» mi dice), uno su Jack Kerouac, uno su un nuovo romanzo, in cui si confronta con la morte e molto altro. Senza fermarsi mai, perché, mi dice salutandomi, «il mondo di oggi non mi piace, ma me ne frego e vado avanti».

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