7 marocchini e 3 egiziani arrestati per detenzione e porto abusivo di armi e munizioni, estorsione, ricettazione e lesioni personali aggravate in concorso.

STRADELLA – Erano residenti a Vigevano, Parona e Milano, i dieci stranieri che, ieri mattina, sono stati arrestati dai Carabinieri di Stradella, eseguendo l’ordinanza di misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale di Pavia. Alcuni di loro, erano già in carcere per precedenti reati. Il provvedimento è stato preso a causa di varie aggressioni armate, avvenute nei pressi di Broni e zone limitrofe, nei confronti di vittime di origine magrebina, tra cui il tentato omicidio di D.M. dell’aprile del 2022, che trovavano il loro movente nella volontà di controllare capillarmente l’attività di spaccio sul territorio.

Dalle attività tecniche e di intercettazione poste in essere, si è appurato – infatti – che i responsabili controllavano diverse piazze di spaccio site nel comune di Broni e nella provincia di Varese. Le attività avvenivano a margine di strade provinciali, dagli arrestati denominate la Colombaia (sita in via Cascina Gandolino altezza cavalcavia dell’autostrada), la Xilopan (sita in fraz. Casa Storini all’altezza del cavalcavia dell’autostrada), Cimitero (cimitero sito sulla SS 617, dove si trova un boschetto utilizzato dal gruppo per ripararsi e nascondersi dalla strada), Casettina nella stradina (costruzione abbandonata sita in Via Rosa Nera) e Casettina della notte (sita in Broni sulla sp/82). Ogni giorno vi era la cessione di numerosissime dosi di cocaina, eroina ed hashish, i cui prezzi di vendita venivano accertati in 70€ al grammo per la cocaina, 20€ al grammo per l’eroina e 10€ al grammo per l’hashish, con un guadagno medio giornaliero quantificato in 3.000€.

Nel periodo di indagine, sono state intercettate oltre 22.000 conversazioni, da cui è stato possibile risalire con accuratezza al modus operandi utilizzato. Gli acquirenti prendevano accordi telefonici sui telefoni-citofono di spaccio, tramite cui effettuavano l’ordine e ricevevano istruzioni sul luogo della consegna. Le postazioni (sia nella provincia di Pavia che in quella di Varese) venivano, infatti, cambiate con grande frequenza, anche più volte in una stessa giornata, decisione dettata principalmente dalla preoccupazione di non destare troppi sospetti negli abitanti della zona e nei lavoratori dei campi (con il conseguente rischio che qualcuno chiedesse l’intervento delle Forze dell’ordine). Venivano, inoltre, preferite strade di scarso passaggio, boschetti e casolari abbandonati, per avere un ampio controllo visivo della zona e garantirsi più agevoli vie di fuga.

La pericolosità sociale degli arrestati era evidenziata anche dalla presenza, nelle piazze di spaccio, di numerose armi (sia pistole che fucili), provenienti da furti, utilizzate per le aggressioni finalizzate al controllo del territorio ma anche nelle quotidiane attività di spaccio per minacciare i clienti o per costringerli a fare qualcosa per loro in cambio di stupefacente. Il gruppo, inoltre, si recava e tornava dalle piazze di spaccio non utilizzando autovetture proprie ma macchine “pulite”, in uso ai tre soggetti egiziani arrestati, regolari sul territorio, che ricevevano per tali servizi corrispettivi in denaro e, in alcune occasioni, trasportavano anche lo stupefacente e le armi. Gli spostamenti, nella stessa giornata, tra le varie piazze di spaccio avvenivano anche con l’ausilio di consumatori che ricevevano come contropartita dosi di sostanza stupefacente per uso personale.

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