A cura di Simone Tabarini.
Alla fine degli anni ’50, mentre USA e URSS si sfidavano nella corsa allo spazio, anche in un piccolo paese della Lomellina qualcuno inseguiva lo stesso sogno: Mario Zonta, meccanico 36enne di Sartirana Lomellina. Nel cascinale di famiglia, lavorava da anni alla costruzione di un razzo, rinviando perfino per dieci anni il matrimonio con la fidanzata. Il missile, chiamato “Elettra II”, era un razzo mono-stadio di circa 6 metri di lunghezza e 480 kg di peso, alimentato da un propellente ideato dallo stesso Zonta. Il 10 gennaio 1962 venne annunciato che il razzo era pronto al lancio, previsto tra il 20 e il 23 gennaio, ma problemi tecnici – secondo l’inventore una valvola del carburante, difettosa – costrinsero a rinviare l’operazione a qualche mese dopo: maggio. Il 24 maggio 1962, Zonta e il cognato trasportarono il missile sul greto del fiume Po, poco distante da Sartirana. Nonostante i precedenti intoppi, decisero di procedere al lancio. Qualcosa, però, andò storto: il razzo si attivò prima del previsto, mentre l’inventore era ancora vicino all’oggetto ed esplose a causa della reazione tra il propellente e l’ossigeno. Mario Zonta venne investito dalla fiammata, riportando gravi ustioni che resero necessaria, purtroppo, l’amputazione di entrambe le mani presso l’ospedale di Mede. Oltre al danno fisico, subì anche conseguenze legali: le autorità, all’oscuro del progetto e dell’uso di sostanze potenzialmente pericolose, avviarono un’indagine per detenzione abusiva di esplosivi. Dopo due anni di processo, Zonta fu assolto. Così si concluse la straordinaria ma tragica avventura spaziale di un autodidatta della Lomellina, che aveva sognato di raggiungere lo spazio sfidando i giganti mondiali.