RIFLESSIONI LIBERALI – L’abitudine leghista di esagerare e travisare le cose.

A cura di Matteo Grossi – Membro Fondazione Luigi Einaudi.

In politica, si sa, ogni occasione è ghiotta per salire sul carro dei vincitori. Ma negli ultimi tempi sembra che questa tendenza abbia preso una piega grottesca, soprattutto dalle parti della Lega di Salvini. L’ultima dimostrazione riguarda la delibera dell’Enac del 12 maggio scorso, accolta con toni trionfalistici dal partito del Carroccio, che ha subito tappezzato i social di slogan come «Promessa mantenuta!» e «Dalle promesse ai fatti!», esaltando un presunto via libera generalizzato agli animali domestici – anche di grossa taglia – nelle cabine degli aerei. Peccato che le cose non stiano proprio così. Il testo completo di tale delibera non è ancora pubblico, tuttavia il contenuto ufficiale dell’Enac parla chiaro: le compagnie aeree possono – e non devono – adottare nuove regole per superare il limite di peso (8-10 kg) per gli animali in cabina. Nessun obbligo, solo una facoltà. In più, i vettori potranno stabilire liberamente tariffe, condizioni e limiti quantitativi. Soprattutto, restano le regole fsiche e tecniche: l’animale deve entrare in un trasportino omologato, fissabile al sedile e compatibile con lo spazio della cabina. In soldoni: se hai un animale di 30 kg, niente sogni di gloria. Stiva era prima e stiva resterà in futuro. Eppure questo non ha impedito alla macchina della comunicazione leghista di rivedere l’episodio come una «grande conquista», facendo passare per rivoluzione un semplice aggiustamento tecnico e per traguardo politico una decisione amministrativa dell’Enac, che si è limitata a recepire un indirizzo ministeriale che comunque non garantisce in alcun modo un effettivo cambiamento delle condizioni di viaggio. Questa strategia, ormai ricorrente, fa parte del repertorio politico salviniano: prendersi il merito di tutto ciò che accade, possibilmente ingigantendolo, anche quando è marginale o inesistente. È successo anche con l’uso della bandiera italiana negli stadi durante gli Europei di calcio. Ve lo rammento. Agli inizi di giugno mdell’anno scorso, poco prima dell’inizio del torneo, sui social giravano segnalazioni secondo cui l’Uefa sembrava aver vietato l’uso della nostra bandiera italiana sugli spalti. In realtà non c’era stato alcun divieto: erano soltanto stati proibiti, come da protocollo, vessilli e striscioni troppo grandi o con contenuti offensivi. Nonostante ciò Salvini – nella sua veste di ministro delle Infrastrutture, quindi senza competenza diretta in materia – aveva subito affermato che avrebbe fatto tutto il possibile per «difendere l’orgoglio nazionale». Peccato che di lì a poco l’Uefa chiarì di non aver mai vietato il semplice ingresso della bandiera italiana negli stadi e che quindi i tifosi avrebbero potuto tranquillamente continuare a portare le proprie, purché rispettassero le solite regole di sicurezza. Salvini scrisse così: «Vittoria! Dopo le nostre proteste, si potrà sventolare la nostra bandiera negli stadi degli Europei!». In un momento in cui il consenso elettorale della Lega è ai minimi, questa narrazione celebrativa serve (forse) a ricompattare la base e a dare l’illusione di un’azione politica efficace. È una forma di propaganda povera e spicciola, che si affda più alle emozioni che ai fatti e che racconta una realtà alternativa in cui Salvini è sempre al centro delle decisioni e ogni minima variazione normativa viene trasformata in una conquista epocale. Alla fine, più che governare, sembra che l’obiettivo sia apparire come colui che governa. E ogni trovata va bene per farlo. Anche quella di far immaginare un San Bernardo seduto accanto a noi in aereo. Salvo poi lasciarlo, come sempre, in stiva.

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