Suor Ave, l’ultima che conobbe Pianzola

Ancora lucidissima, risiede al “Centro sociale” di via Mazza
«Avevo 17 anni e a CasaMadre vissi e lavorai con il “padre”»

Si chiama Suor Ave Maria Coffrini e ha 94 anni. Acciaccata nel fisico, ma lucida nella mente. È l’ultima delle suore pianzoline di Mortara ad avere conosciuto e “lavorato” con il beato Padre Pianzola, fondatore delle suore Missionarie dell’Immacolata Regina Pacis. L’ultima delle pianzoline ad avere percorso un tratto della sua vita, da giovanissima, con una delle figure più carismatiche della Lomellina. Padre Francesco Pianzola è stato beatificato il 4 ottobre del 2008 nel duomo di Vigevano dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi. «Ero giovanissima, abitavo a Bardi, un comune del Parmense. C’erano le suore pianzoline e io ero rimasta colpita da loro e dalla loro missione – racconta suor Ave – Nel frattempo ero stata mandata in collegio e frequentavo la prima liceo. In quel momento mi decisi. Sarei diventata suora. I miei genitori non volevano, ma io fui irremovibile e partii per Mortara dove c’era la Casa madre». La famiglia di suor Ave, mamma, papà, una sorella e due fratelli di cui uno sarebbe poi diventato medico veterinario, avrebbe forse voluto un futuro diverso per lei, ma non ci fu verso. L’arrivo a Mortara avvenne nel 1941 quando aveva appena 16 anni e trascorse nella Casa madre i primi 6 mesi di postulato. Poi iniziò il noviziato, a 17 anni, trascorrendo il primo anno nella sede mortarese delle suore, dove normalmente lavorava e viveva Padre Francesco Pianzola. «Il primo giorno ero seduta su una panchina da sola. Passò e mi disse: vieni con me. Andai nel suo studio e iniziammo a parlare, della mia vita e della mia famiglia. Cercava di capire cosa mi aveva portato a fare quella scelta». La superiora era madre Anna Bandi, un’altra colonna della Congregazione. «Una volta dovetti chiamarla con urgenza, perchè il padre non si era sentito bene. Non c’erano i telefonini. Ero combattuta se lasciarlo da solo, sembrava svenuto, oppure correre a cercare soccorsi. Scelsi questa seconda soluzione. Madre Anna arrivò di corsa, poi per fortuna il padre si riprese». «Quando si metteva in chiesa a pregare – racconta ancora suor Ave – sembrava in estasi». Poi il primo anno di noviziato terminò e il secondo era da trascorrere in una casa esterna. Suor Ave dovette andare a Vercelli. «Era il 31 maggio del 1943 – si ricorda ancora perfettamente la religiosa, mentre gli occhi le si rigano di lacrime – il padre era sfinito, seduto sotto le piante. Mi mise una mano in testa e mi consegnò il crocefisso. Non aveva più la forza di parlare. Io partii per Vercelli, e pochi giorni dopo, il 4 giugno, il padre morì». La vita straordinaria di Pianzola, prete umilissimo, soprannominato “don niente” era stata dedicata al riconoscimento e alla fondazione delle sue suore perchè stessero a contatto con i più deboli e soprattutto con le mondine. «Nelle cascine andavamo a piedi, certe volte facendo dieci chilometri al giorno, Padre Pianzola ci diceva di parlare con queste ragazze, farle pregare, consigliarle. La loro era una vita difficile. Arrivavano spesso da lontano, alla stazione, affamate. I ristori delle mondine facevano per loro un’ottima minestra». La vita di suor Ave fu poi travolta da una malattia che la tenne all’ospedale per molti anni. Senza mai rinunciare alla sua missione. «Fu un calvario per il fisico, ma non per l’anima». Quando ritornò a Casa Madre era il 1961. Erano passati quasi vent’anni. Iniziò la sua presenza nelle case, negli oratori, nelle comunità, nei campi scuola a Mercurago (Arona) e a Piacenza per dieci anni in due diverse case missionarie. Colta, era stata anche “scrivana” per padre Pianzola, e nonostante l’età ha ancora la forza di leggere libri. Suor Ave è ospite del Centro Sociale da 15 anni, ma ancora oggi vengono periodicamente alcune “vecchie” oratoriane a trovarla. Segno di una presenza, la sua, che non è stata qualsiasi e che ha lasciato il segno. L’incontro è finito: «Torni a trovarmi parliamo ancora un po’». «Con piacere»

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