“La Veloce” un simbolo dei mitici anni Sessanta

Un’osteria in viale Parini era stata aperta negli anni Trenta
dalla nonna di Mauro Arlenghi di ritorno dal Sud America

Ci sono posti che appartengono al nostro passato, anche se non remoto, ed esistono solo nei ricordi. Gli uomini e le donne di mezz’età (e anche quelli con qualche annetto di più) li hanno rimossi dalla propria mente. Poi tornano a galla guardando una foto. Uno di questi è il ristorante “La Veloce” che è stato aperto per molti decenni in viale Parini. Era un luogo con un fascino e una magia particolari, anche se simile a molti. Riparato in estate dal fresco e dall’ombra dei tigli. Gli ombrelloni classici, un dondolo, qualche tavolino e le sedie fatte di tubolari di plastica intrecciata. Anche il nome “La Veloce” è il sigillo di un’avventura. Era il marchio di una compagnia di navigazione italiana nata nel 1884 che svolgeva il suo servizio tra l’Italia e il Sud America. È su uno dei piroscafi della Veloce che arrivò in Italia Teresa, la nonna di Mauro Arlenghi. Quest’ultimo oggi è l’amministratore (assieme a Lino Marchesi) di una delle più importanti aziende mortaresi in campo elettrico ed elettronico, la El.Mo. I nonni e successivamente i suoi genitori avevano fondato l’osteria “La Veloce”. «Nonna Teresa era tornata dal Mato Grosso, una regione del Brasile, dove erano emigrati i suoi genitori, miei bisnonni. E nel Mato Grosso avevano aperto un’osteria. Quando nonna Teresa, negli anni Venti tornò, si sposò con mio nonno Angelo, che faceva il ciabattino, e decisero di aprire un’osteria che chiamarono “La Veloce”, come la compagnia di navigazione che aveva trasportato nonna Teresa dal Sudamerica. Quelle degli emigranti non furono vite semplici o facili. Era andata in quei luoghi lontani con l’intera famiglia. Di diciassette fratelli ne tornarono solo quattro». L’osteria “La Veloce” aprì negli anni Trenta, comunque prima della Guerra. La data esatta Mauro Arlenghi non la conosce. Si trovava alla fine di viale Parini, dove poi fu costruito, nel 1957, l’attuale condominio Stelvio. Aprì i battenti in una casa bassa, a un piano, con il cortile e il gioco delle bocce. «Io mi ricordo ancora bene questa prima gestione – continua il titolare della El.Mo. – anche se ero piccolo. Ma il salto di qualità avvenne con la costruzione del condominio e l’apertura del nuovo ristorante, con i miei genitori, Rosanna e Renato, che lo fecero funzionare sino al 1964, quando subentrarono Pia e Natalino Passi. Allora era un bambino piccolo». I gestori Arlenghi intervennero ancora per qualche tempo, dopo che nel 1973 Natalino Passi e la moglie si trasferirono al Caffè Garibaldi. E per La Veloce arrivò il tempo di Claudio Genovina, il quale mantenne il ristorante con lo stesso nome e target. Ma molto di più della storia raccontano i costumi che segnarono quel periodo degli anni Sessanta. Il ristorante “La Veloce” era un classico e lavorava anche per pranzi di gruppo. Non c’era la dizione “popolare” si andava solo per l’occasione. Difficilmente una famiglia (con gli stipendi di allora) si poteva permettere di pranzare o cenare fuori se non per la leva il matrimonio o qualcos’altro di simile. Diversa era l’attività del bar che invece era molto attiva. Il caffè era frequentato da tutti. C’erano quasi esclusivamente uomini, che si trovavano in compagnia per trascorrere qualche momento di relax e per il gioco delle carte. I mitici anni Sessanta portarono questo luogo e la sua cucina alla portata di tutti. Con il tocco del cameriere in livrea, che venne mantenuto. Cominciavano a girare le prime lire nelle tasche della gente. C’era chi si poteva permettere solo un pranzo al ristorante, ma altri che, con entusiasmo, arrivavano a stappare champagne. Nelle foto dell’epoca ripescate dall’album dei ricordi da Sandro Passi, figlio di Pia e Natalino, allora un bimbo di pochi anni, alle spalle dei genitori, ritratti al bancone del ristorante, spiccano bottiglie di Piper, Pommery e Moet Chandon. Qualcuno se lo poteva permettere. Il mercato aveva portato le eccellenze francesi in Italia perchè non esisteva ancora il millesimato nostrano. I momenti difficili della ripresa economica erano il frutto di fatica e lavoro, ma anche delle prime gratificazioni personali e famigliari. In particolare la storia del ristorante “La Veloce” offre altre indicazioni interessanti. La riflessione è ancora di Mauro Arlenghi: «La zona è rimasta più o meno simile. Non c’era la rotonda attuale del Rondò Carlo Magno e non c’era la copertura della roggia, una fogna a cielo aperto, oggi diventata una pista ciclopedonale. Ma allora, attorno alla Veloce, pulsava un mondo, quel luogo della città e quel quartiere erano vivi». A pochi metri di distanza dal ristorante era aperta la fabbrica di produzione dei panettoni Guglielmone. Un altro vanto che portò la città di Mortara in tutto il mondo. Oggi, invece, viale Parini è molto più simile a una periferia abbandonata, con un posteggio pieno di auto. Ed è ovviamente molto peggio che negli anni Sessanta, al tempo de “La Veloce”. Questo significa che dal punto di vista urbanistico la città non ha fatto passi avanti, bensì è arretrata. Il ristorante, peraltro, ha finito di essere chiamato così con l’ultima gestione di Genovina. È stato trasformato in pizzeria Sant’Albino da Mauro Pastorello poi si chiamò “Tom e Jerry” e ancora “Capriccio”. La vicenda de La Veloce era finita. Restò un luogo di ristoro per diversi anni sino alla chiusura definitiva. Oggi è diviso tra due attività, tra cui una è quella dell’edicola Mazza e si è persa da molto tempo la connotazione della ristorazione. Di fronte c’è il gazebo di un bar. All’inizio del viale un altro esercizio pubblico, anche questo con dehors. Ma l’impressione è quella di una zona popolosa, residenziale, di condomini, non del quartiere con una vera anima come quella che aveva offerto La Veloce per tanti anni, prima della guerra e dopo, negli anni Sessanta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *