«Il mio animo di soccorritore risvegliato dall’emergenza»

A inizio anno ha chiuso la sua attività per tornare su un’ambulanza: «Dura stare lontano dalla mia famiglia ma non potevo tirarmi indietro»

Quando il dovere chiama, bisogna rispondere. Soprattutto con una pandemia in corso. Tra chi ha scelto di tornare sulle ambulanze, dopo alcuni anni di assenza, a seguito dello scoppio della pandemia, c’è anche il robbiese Massimiliano Ioppolo, 46 anni, noto anche per essere il presidente dell’associazione “I Live Panta Rei”, che si batte per la difesa delle donne e dei bambini contro ogni forma di violenza e offrire supporto nelle situazioni di difficoltà e disagio. La sua è anche la storia di chi si è sentito quasi obbligato a tornare nel mondo del soccorso. Ioppolo lavora ora per il 118, in veste di autista soccorritore presso la cooperativa Ata Soccorso di Milano. Per diversi anni è stato volontario presso la Croce Azzurra Robbiese e nei fine settimana faceva il buttafuori in discoteca. Nel frattempo aveva anche aperto un’attività. «Avevo un’azienda grafica – racconta – che, quando il Covid ha preso il sopravvento, ho scelto di chiudere per tornare a dedicarmi a quello che facevo prima. Ho chiesto a un mio amico, Ernesto Dall’Aglio (presidente di Ata Soccorso, ndr), che conosco da 20 anni, se avessero bisogno di una mano in questo periodo di emergenza. Quando mi hanno chiesto se me la sentissi di tornare sulle ambulanze, non mi sono tirato indietro. L’azienda mi ha assunto e mandato a Parma, dove sono rimasto un mese e mezzo. Poi sono stato spostato a Milano e, da giugno a ottobre, a Torino. Da lunedì sono stato trasferito a Milano. Ancora non so dire quando tornerò a Robbio: è troppo elevato il rischio di mettere in pericolo la salute della mia famiglia». Massimiliano ha visto sulla propria pelle cosa significhi il Covid: vedere le persone andarsene da sole senza poter salutare i suoi cari e non poter fare niente per salvarle. «Per questo – dice – è importante trascorrere ogni istante come se fosse l’ultimo. Molti pensano invece a litigare e a giudicare le azioni degli altri pensando che sia il modo migliore per sopravvivere. Basti pensare che anche a quello che è successo a noi operatori del 118: prima eravamo visti come eroi, adesso invece siamo visti con sospetto. Addirittura c’è chi prende a calci l’ambulanza», conclude, riferendosi a quanto successo sabato scorso nel quartiere milanese di Turro quando una donna ha preso a calci un’ambulanza in servizio.

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