La qualità della nostra vita è crollata e nessuno se ne sta preoccupando

Anche per chi non ha subìto gravi perdite alzarsi ogni mattina  può essere faticoso: «La salute non è solamente quella fisica»

Esiste un valore non quantificabile economicamente, che è quello della qualità della vita. Lo stanno scoprendo a proprie spese tanti, tantissimi commercianti che, pur facendo magari parte di quelle categorie che non sono state direttamente colpite dagli ultimi decreti del governo e quindi sono rimasti aperti, si sono tuttavia trovati quotidianamente alle prese con incognite, clientela disorientata e spaventata, carenza di informazioni certe da parte delle istituzioni. Tutto ciò va a influire, appunto, sulla qualità della vita di queste persone al di là del proprio luogo di lavoro. «In effetti – interviene la dottoressa Maela Beccaria, psicologa e psicoterapeuta mortarese – uno dei principali dilemmi di questa situazione è legato al fatto che si sta chiaramente pensando alla tutela della salute fisica, ma ci si sta dimenticando che la salute è un concetto più ampio, e richiama anche aspetti psicologico e relazionali, quest’ultimo è uno di quelli che maggiormente sono venuti a mancare a causa dell’epidemia, a partire da chi non ha potuto lavorare, ma non bisogna mettere in secondo piano chi ha comunque lavorato, seppur in condizioni diverse rispetto al solito. Quando si vive una situazione di emergenza si tende a osservare molto il tutto sotto un aspetto pratico, per chiaramente andare a limitare i danni, ma esiste anche un aspetto non tangibile, che se non preso concretamente in considerazione rischia di fare danni, più di quanti si possa credere in questo momento». Argomenti di cui ogni tanto si parla, «ma si fa poco a livello di prevenzione. D’altronde siamo animali sociali, e quando viene a mancare l’aspetto relazionale è difficile mantenere un corretto equilibrio. E come tutte le cose, un conto è prevenire, un altro intervenire a problema in corso: in questo caso i risultati possono essere inferiori rispetto a quelli ottenibili cercando di prevenire i disagi». Si potrebbe pensare che chi in questi mesi non è stato colpito da chiusure della propria attività possa aver vissuto “bene”, «ma pur essendo magari stati toccati meno da un punto di vista prettamente economico – aggiunge ancora Maela Beccaria, che sta attualmente collaborando con l’Università di Torino nello sviluppo di un punto di ascolto per dipendenti comunali e studenti del Politecnico – in realtà hanno vissuto diverse difficoltà. Per esempio ho lavorato molto a sostegno di docenti delle scuole materne ed elementari, che si sono trovate da un giorno all’altro a dover operare in modo completamente diverso rispetto al passato. E pensiamo ai commercianti: entra il tuo cliente abituale, gli chiedi come sta, e magari lui si sfoga con te raccontandoti le sue paure e i suoi dubbi». In qualche modo questo “assorbire” i disagi psicologici di clienti, amici, parenti complica e riduce la qualità della vita del soggetto: «Non abbiamo a che fare con degli automi, ma con delle persone. Questo non va mai dimenticato. Noi psicologi siamo stati adeguatamente formati per lavorare al fianco di persone che vivono situazioni anche drammatiche, i commercianti ovviamente no. Loro stessi possono avere paura, possono aver vissuto la pandemia direttamente o indirettamente, possono anche aver perso qualcuno». Se già, quindi, ci si trova per forza di cose alle prese con mille pensieri – alcuni, o molti, negativi – «in città piccole come Mortara è normale finire a chiedere a qualcuno “come va?”. Ma questa domanda può aprire un mondo». Ancora sulla qualità della vita: «È un po’ una tradizione delle culture occidentali quella di dedicarsi molto ai valori quantificabili. Parlare di una migliore qualità della vita spesso porta a pensare a hobby e sfizi, ma in realtà la qualità non è questa, è un qualcosa di molto più semplice». Abbiamo tanto bisogno di normalità: «Oggi chi si permette di manifestare il proprio dispiacere perché magari, non può bersi il suo abituale caffè al bancone del bar viene additato come superficiale. Ma non è così! Avere una buona qualità della vita – precisa la psicoterapeuta – vuol dire poter avere relazioni con amici, famiglia, poter anche scaricare la tensione oppure farsi curare regolarmente i propri acciacchi e i problemi di salute pur non legati al Covid». Il non poter fare ciò rischia quindi di creare danni «che vedremo nel lungo periodo e finiremo per raccogliere con il passare del tempo».

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