«I provvedimenti presi sono mal scritti e tardivi». Questo il duro giudizio dell’esperto finanziario

Giuseppe Gallo

Giuseppe Gallo, dottore commercialista con studio a Mortara, stronca il decreto del governo“Cura Italia”. «Serve un blocco sanitario rapido e totale perché più lungo sarà il fermo e più gravi le conseguenze per l’economia»

Giuseppe Gallo, 68 anni, due lauree, (Economia e Ingegneria di Sistemi), esercita la professione di dottore commercialista a Mortara, tramite la società di consulenza aziendale “Sea Studio Srl” con altri tre partner, tutti dottori commercialisti: Davide Desantis, Giusy Caligiuri, Orazio Antonio Spinello e 25 collaboratori. è consulente de “Il Sole 24 Ore” e “Sea Studio Srl” possiede la certificazione professionale “Partner 24 Ore”. A lui abbiamo chiesto un’opinione sugli attuali decreti che il Governo ha varato per tamponare la grave situazione in cui si è infilata l’economia a causa della pandemia da Coronavirus. L’opinione dell’esperto è a dir poco negativa. I decreti sono di difficile interpretazione e anche di dubbia applicazione. Come fare e quando fare è nebuloso. Giuseppe Gallo vorrebbe un blocco sanitario rapido e totale, perché più lungo sarà il periodo di fermo, più gravi saranno le conseguenze per l’economia. Se dovesse dare una priorità alle persone e alle imprese in questo difficile periodo è quella di cercare, innanzi tutto di rimanere il più possibile “liquidi”, cioè di recuperare il massimo credito possibile dalle banche per sopperire ai momenti che arriveranno dopo.

1) Come interpretare un provvedimento che a molti è parso caotico? Pensiamo alle varie proroghe dei termini per le scadenze fiscali, oltre che per mutui e finanziamenti. 

Sulla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo è stato pubblicato il D.L.18/2020 contenente il cosiddetto “Decreto Cura-Italia”, entrato in vigore il giorno stesso, ultimo dei decreti relativi alla lotta al Covid-19. Ricordiamo che in soli 30 giorni si è assistito a una “escalation” della diffusione dell’infezione e, parallelamente, si sono susseguite le misure adottate dal Governo per tentare di frenarne la corsa, Governo che non ha mai dato l’impressione di anticipare e combattere con strumenti realmente efficaci la diffusione del virus (gli aspetti sanitari, su cui non mi addentro, sono stati costantemente sottovalutati a livello centrale o affrontati con strumenti inadeguati, frutto della politica di tagli del passato, e che ora paghiamo amaramente), Governo sempre percepito come titubante – mai come in questo periodo (e non mi si fraintenda) sarebbe servita un’organizzazione di protezione civile con protocolli militari (pochi ordini, forti e chiari), e invece una serie infinita di disposizioni insopportabilmente approssimative, con la più grande limitazione delle libertà dell’era repubblicana affidata a un comunicato Facebook alle 23 di sabato. È passato un mese dalla notizia del primo contagiato da Coronavirus in Italia, il cosiddetto “paziente zero”. Da allora si è assistito a un’escalation della diffusione dell’infezione e, parallelamente, si sono susseguite le misure adottate dal Governo per frenarne la corsa. Prima del 21 febbraio, il Covid-19 in Italia riguardava una coppia di cinesi in vacanza e i connazionali di ritorno dalla Cina messi in quarantena alla Cecchignola. A distanza di un mese l’Italia supera la Cina nella conta dei morti per il Covid-19.
Torniamo all’analisi del provvedimento. Il caos istituzionale si rispecchia totalmente nel decreto. Il provvedimento viene visto, praticamente da tutte le categorie (in primis quella dei commercialisti, vedi commento dell’Ordine Nazionale del 18 marzo 2020) come “tardivo, mal scritto, discriminatorio e proiettato verso un universo di contenzioso tra i cittadini- contribuenti ed il fisco” (parole di una serie di Presidenti dei vari Ordini Provinciali dei Dottori Commercialisti). In primis viene giudicato tardivo poiché è arrivato dopo due giorni dalla scadenza del 16 marzo (tecnicamente per noi il 16 di ogni mese è la scadenza di pagamento iva, ritenute d’acconto e contributi dei dipendenti), e ha costretto i commercialisti ed i loro dipendenti a lavorare in piena pandemia e senza nessuna certezza. Da un lato il Governo predicava di stare a casa, dall’altro (tra le righe) diceva “tutti tranne i commercialisti” che devono lavorare per garantire il gettito fiscale allo Stato. Mal scritto: sembra che il Governo abbia redatto questo decreto “come se fosse un rebus o un cruciverba per intrattenere i cittadini costretti a stare a casa” (parlano sempre i Presidenti del mio Ordine) e ogni articolo necessiterà di istruzioni ministeriali interpretative. E si parla anche di un documento discriminatorio: intere categorie sono abbandonate al loro destino; l’intera categoria dei liberi professionisti ritenuti non meritevoli di attenzione da parte di uno Stato sempre più famelico nel richiedere servizi gratuiti ai professionisti iscritti negli Ordini. La “Fondazione Nazionale dei Commercialisti” e il “Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti e Esperti Contabili”, in un documento di ricerca del 18 marzo 2020, hanno pubblicato un documento che sintetizza le principali disposizioni.
Le misure riguardano:
– finanziamento e potenziamento della capacità di intervento del Sistema sanitario, della Protezione civile e degli altri soggetti pubblici impegnati sul fronte dell’emergenza;
– sostegno ai lavoratori e alle aziende per la difesa del lavoro e del reddito;
– sostegno alla liquidità delle famiglie e delle micro, piccole e medie imprese, tramite il sistema bancario e l’utilizzo del fondo centrale di garanzia;
– sospensione degli obblighi di versamento di tributi e contributi e di altri adempimenti fiscali e introduzione di incentivi fiscali.
Per quanto riguarda le misure fiscali, il decreto prevede la sospensione di alcuni versamenti e adempimenti di natura tributaria e previdenziale, che subiscono diversi criteri selettivi di tipo soggettivo, geografico, quantitativo e anche temporale e pertanto le misure sono, sempre secondo i Commercialisti, non solo inadeguate a rispondere alle reali e generalizzate esigenze del Paese, ma anche di difficile applicazione. Siamo alle prese con decine di distinguo sui versamenti, che daranno modo di sviluppare un inutile futuro contenzioso su tutte queste proroghe concesse in modo, termini e tempi diversi.
Sotto la tabella con le vecchie e le nuove scadenze “Coronavirus” (riportiamo la tabella facendo notare la complessità della lettura, quando sarebbe bastato un semplice “TUTTI I VERSAMENTI SONO PROROGATI AL…”).

Tra le altre misure fiscali, appare interessante il credito d’imposta a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, allo scopo di incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura preventiva di contenimento del contagio del virus Covid-19. L’agevolazione spetta, per il periodo d’imposta 2020, nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro fino a un importo massimo di 20.000 euro. Il Decreto riconosce inoltre ai soggetti esercenti attività d’impresa un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di negozi e botteghe categoria catastale C/1 (la misura non si applica alle attività che sono state identificate come essenziali). Il Decreto prevede la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori. Tradotto dal “fiscalese” all’italiano, vuol dire proroga di due anni delle attività di accertamento verso i contribuenti; si tratta di una proroga dei termini (vergognosa, mi si consenta…) in favore degli Uffici che appare del tutto sproporzionata rispetto ai periodi di sospensione dei termini disposti in favore dei contribuenti. Il decreto dispone poi la sospensione dei termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivi emessi dall’Agenzia delle entrate e dagli avvisi di addebito emessi dagli enti previdenziali. Nella disposizione manca, quindi, un rinvio che estenda la sospensione dei pagamenti derivanti da atti diversi da quelli espressamente richiamati, ed in particolare manca l’indicazione delle comunicazioni di irregolarità (c.d. avvisi bonari) inviate dall’Agenzia delle Entrate ai fini della liquidazione automatizzata o derivanti dal controllo formale.
Solo in seguito ad ulteriori chiarimenti da parte di Agenzia Entrate Riscossione risultano sospese anche le rate riferite al debito di una cartella di pagamento relative ad un piano di dilazione già in essere. La percezione è proprio quella di avere a che fare con un provvedimento tardivo, caotico, improvvisato e pieno di contraddizioni e di inesattezze, che si spera saranno corrette in sede di approvazione del decreto. La proroga di 4 giorni nei versamenti iva (dal 16 al 20 marzo) per alcune categorie (imprese sopra € 2.000.000 di ricavi) è stata vista da tutti come una presa in giro. Cosa può cambiare in 4 giorni? e anche la proroga per gli altri fino al 1° giugno 2020 (il termine sarebbe il 31 maggio 2020, che però è domenica) che effetto sortirà? Con l’assoluta emergenza in cui ci troviamo, il 1° giugno gli imprenditori non avranno liquidità per pagare i debiti verso lo Stato, e quella poca che riusciranno ad avere (i fatturati si sono significativamente ridotti se non azzerati del tutto) la useranno per pagare stipendi e spese improrogabili. Al solito, lo Stato interverrà nuovamente prorogando ulteriormente questo termine all’ultimo momento, come ci ha abituato (il giorno dopo la scadenza, per fare un po’ di cassa…). Invece di predisporre un decreto razionale, sereno ed equo verso tutti, ancora una volta rincorrerà gli eventi quando si accorgerà di questa mancanza di liquidità che sarà un terribile problema per tutti. Non è sufficiente spostare in avanti i pagamenti di qualche mese, perché fra qualche mese saremo ancora in queste condizioni, se non peggio. Bisogna reperire fondi, e un ottimo articolo di Giovanni Tria de “Il Sole 24 Ore” evidenzia il vero problema, e ne riportiamo qualche passaggio. “La liquidità sarà il vero problema. Ciò forse giustifica la lunga gestazione del decreto del governo per definire i provvedimenti di intervento a sostegno delle famiglie e delle imprese colpite dall’emergenza sanitaria. I dettagli riguardano non tanto le somme stanziate, che probabilmente dovranno aumentare ancora, quanto piuttosto la rapidità di erogazione effettiva degli aiuti a chi ha subìto perdite, la natura di questi aiuti e la definizione attenta dei criteri per l’individuazione di chi dovrà riceverli e in che misura. Gli interventi nel decreto sulla liquidità che rimandano a pagamenti di tasse e contributi e rate di mutuo e altre scadenze bancarie. I provvedimenti di questa categoria spostano per il primo punto i problemi di liquidità da famiglie e imprese allo Stato e per il secondo alle banche, le quali a loro volta possono girare il problema a garanzie di Stato. Se il rinvio è breve, lo Stato può far fronte ai problemi temporanei di cassa, altrimenti dovrà approvvigionarsi sul mercato con emissioni anticipate, anche se non necessariamente addizionali, di titoli di Stato. Il rinvio dei pagamenti non significa però che essi siano stati cancellati. Non sappiamo ancora quanto lungo sarà il periodo di arresto dell’economia e quindi il danno economico effettivo in termini di perdita di produzione e di reddito, ma si porrà il problema di come evitare che questo determini una riduzione prolungata di capacità produttiva e quindi una recessione oltre il breve termine. Se, per chiarire, immaginiamo per l’anno in corso una contrazione del Pil, rispetto al trend senza pandemia, vicina al 3% ( e molti economisti sostengono che questo numero sarà molto più alto..), ciò vuol dire che vi sarà una contrazione complessiva di redditi di oltre 50 miliardi. Questa è una descrizione, seppur sommaria, dello scenario da affrontare, è evidente che i due problemi essenziali sono da dove reperire le risorse e come assegnarle rapidamente. Per ciò che riguarda il primo, dall’Europa ci possiamo aspettare solo che non vengano frapposti ostacoli all’indebitamento, e quindi la sostanziale sospensione temporanea delle regole del patto di stabilità, come è di fatto avvenuto. Ma più importante sarà il secondo problema: la definizione di criteri semplici e veloci di assegnazione degli aiuti e al tempo stesso dei canali bancari che consentono la massima rapidità di erogazione effettiva.” Se lo Stato capirà questa vera esigenza, allora, dopo aver risolto l’enorme problema sanitario, saremo in grado di ripartire e risolvere il successivo problema che è dietro l’angolo: il problema economico.

2) Quali sono le cose che devono fare liberi professionisti, partite Iva, aziende e contribuenti in questa fase difficile per il nostro Paese? 

Occorre semplicemente rispettare le regole imposte, per uscire prima possibile dal problema sanitario, perché più lungo sarà il periodo di blocco sanitario, più gravi saranno le conseguenze per l’economia. Se dovessi dare invece una priorità alle cose da fare, cercherei, innanzi tutto, a livello imprenditoriale, di rimanere il più possibile “liquido”, cioè di recuperare il massimo credito possibile dalle banche, per poter sopperire ai prossimi momenti (che purtroppo ci saranno) di squilibrio finanziario; la mancanza di fatturato nei prossimi 1-2 mesi (speriamo non di più) si riverbereranno inevitabilmente sulla situazione finanziaria e tale squilibrio dovrà essere assorbito da finanziamenti. In quel momento uno Stato forte dovrebbe intervenire e mettere a disposizione anche finanziamenti a fondo perduto, cercando poi di traslare parte del debito sull’Europa, perché tutti, dico tutti (anche gli investitori finanziari) dovranno fare la loro parte se vorranno che l’intero sistema non imploda. Il capitolo sulle garanzie pubbliche per i prestiti alle imprese è tra i più corposi del decreto. Numerose le novità soprattutto per il Fondo Pmi, anche se forse non si è sfruttata a pieno l’imminente apertura della Ue sugli aiuti di Stato. Le modifiche relative al Fondo centrale Pmi dureranno 9 mesi e si applicheranno anche ad agricoltura e pesca. La garanzia sarà a costo zero per tutte le imprese e i professionisti la norma inserita nel decreto amplia e potenzia il Fondo sotto altri aspetti. L’accesso al Fondo diventa più semplice nella misura in cui non si tiene conto della valutazione andamentale, quindi alla crisi contingente, ma la probabilità di inadempimento beneficiario è determinata esclusivamente in base al modulo economico-finanziario. Altra novità: vengono ammesse alla garanzia anche operazioni di rinegoziazione del debito, purché il nuovo finanziamento preveda l’erogazione allo stesso beneficiario di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10% dell’importo del debito residuo. Importante: si stabilisce che sarà sufficiente un’autocertificazione dei danni subiti – senza passare per una valutazione del Fondo – alle imprese che vogliono accedere alla garanzia per micro-prestiti, a 18 mesi meno un giorno di importo massimo di 3mila euro (anche in questo caso la copertura è dell’80% in via diretta e del 90% via Confidi). Nel frattempo il tetto delle operazioni di microcredito garantibili sale da 25mila a 40mila euro e gli operatori beneficeranno della garanzia fino all’80% senza valutazione del merito di credito. Pertanto il mio primo consiglio è di contattare la propria banca per rinegoziare, oltre eventualmente le proprie scadenze, anche l’accesso al credito garantito dal Fondo di Garanzia dello Stato (per le proprie scadenze bancarie si ricorda che le Banche propongono normalmente due tipi di proroga: a) proroga di 12 mesi pagando solo gli interessi; b) proroga di 3 mesi, prorogabili di altri 3, fermando completamente I pagamenti e poi “spalmando” quanto dovuto sulle rate residue).

3) Eventuali altri consigli da esperto della materia?

Risulta difficile dare ulteriori consigli rispetto a quelli già enunciati (con somma confusione, peraltro) dalle istituzioni ad ogni livello. Innanzi tutto, l’emergenza sanitaria: meno dura e meno saranno significativi i conseguenti effetti economici. Pertanto dobbiamo farne una ragione della stretta delle libertà individuali. Il problema nasce, come dice il filosofo Roberto Esposito della Scuola Normale di Pisa, quando i sistemi protettivi oltrepassano una certa soglia. In quel momento, accade nelle società quello che accade ai corpi umani nelle malattie “auto-immuni”: la reazione troppo violenta del sistema immunitario danneggia la funzione vitale di altri organi, rischiando di portare l’organismo alla morte. E questa analogia si può cogliere nei provvedimenti adottati: se sono troppo forti rischiamo di far morire altri organi, nel nostro caso l’economia. Più forti sono questi provvedimenti (necessariamente forti perché presi in ritardo, e questa sarà la grande colpa di questo governo non all’altezza, di cui dovrà rendere conto a fine pandemia) più danno arrecherà all’economia. Un’ultima considerazione. In questo periodo, e credo sia così per tutti, solamente uscire a fare quattro passi “nelle immediate vicinanze” magari con il sole che comincia ad avere quel tepore primaverile, rappresenta per me una sensazione straordinaria, e mai come oggi, con tutta l’umanità sull’orlo di un baratro, non posso fare a meno di pensare che se tutti quei soldi spesi in armamenti nucleari, navi da guerra, missili, eserciti (“si vis pacem para bellum” è la più grande menzogna escogitata dall’uomo) fossero spesi in ospedali, ricerca su un ambiente eco-sostenibile e sul benessere dell’intera razza umana, solidarietà verso le classi sociali più deboli, il mondo sarebbe migliore e molto probabilmente avremmo già sconfitto il Coronavirus. Il consiglio che mi posso permettere di darci è: a virus sconfitto, non dimentichiamoci di questo terribile periodo, e ricordiamo che una giornata di sole e una semplicissima camminata può dare significato alla vita più di quanto possa fare qualsiasi ricchezza.

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