CORONAVIRUS Una luce in fondo al tunnel

Il contagio è ancora altissimo, ma c’è un rallentamento
della diffusione in Lombardia e in provincia di Pavia

Stiamo chiusi in casa, in attesa che finisca questo incubo a cui l’umanità intera non era preparata. È ormai una realtà acquisita, però, che qui in Lombardia si stia combattendo in prima linea contro questo virus subdolo e violento e a cascata la Provincia di Pavia e la Lomellina sono nell’occhio del ciclone. I numeri, in questi ultimi giorni, pur essendo ancora altalenanti, fanno sperare di poter invertire la tendenza. C’è un rallentamento, altalenante, sia in Lombardia che in Provincia di Pavia. Si potrebbe iniziare a vedere una luce in fondo al tunnel. Nonostante i contagi a Vigevano (180) e Mortara (58) siano ancora alti. Sembra che la Lomellina sia in ritardo rispetto ad altre zone. Ed è qui che oggi si combatte una lotta senza quartiere, con medici e infermieri che sono allo stremo delle forze. Sono angeli ed eroi, gli eroi di questa pandemia che ha già fatto quasi settemila morti in Italia. A livello delle più grandi ecatombe registrate nella recente storia delle nostre guerre. Gente che muore senza avere nessuno vicino e di cui viene restituita ai familiari solo una manciata di polvere. Nel panorama di questa situazione ci sono anche sprazzi di luce. Alcuni Covid positivi che sono stati in terapia sub-intensiva escono dal reparto di Vigevano e vengono trasferiti a Mortara o a Pieve del Cairo (perchè anche quest’ultimo ospedale della Cittadella è stato attivato per ospitare degenti Covid). Poi c’è il caso del sindaco di Fombio, comune di 2.300 abitanti in provincia di Lodi. Si chiama Davide Passerini, ha 48 anni e si è ammalato di polmonite, ma non è positivo. Nella sua peregrinazione tra gli ospedali di Lodi e Codogno, ovviamente zeppi e al collasso, è finito a Vigevano, che purtroppo è il primo avanposto per molti di questi malati, come Pavia è stato l’ospedale in cui era ricoverato il Paziente 1 di Codogno, ora guarito. Il sindaco Passerini, nella vita avvocato, descrive il personale dell’ospedale di Vigevano come gente che «tentava miracoli in condizioni assurde». Poi è stato trasferito all’ospedale Asilo Vittoria di Mortara e curato nel reparto di Medicina del dottor Marco Lorena. «Quello mi sembrava un albergo a cinque stelle» ha detto. È successo nei giorni scorsi. Il reparto non si era ancora trasferito per diventare Covid (per la metà) e gli spazi erano più dilatati e vivibili. La carenza cronica che anche ieri si doveva rilevare, però, in tutti gli ospedali lomellini è la mancanza di presidi atti a garantire la totale sicurezza. Camici, guanti, occhiali, mascherine sono indispensabili – è il lamento generale – servono anche per tutti i malati che presentano sintomatologie critiche, anche se non sono Covid. Una polmonite – dicono i medici – può presentarsi in un soggetto con tampone negativo, che poi si trasforma in positivo al secondo esame. Ma il medico che non ha utilizzato la protezione adatta alla prima visita potrebbe essere stato infettato. E più medici vanno in quarantena, più si perde la possibilità di turnazioni e di salvare vite.

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