I dati regionali e provinciali segnano un ribasso della pressione sugli ospedali e sulle terapie intensive. A Vigevano, però, vanno esaminati con attenzione, l’unico aspetto che può dirsi significativo è quello del Pronto soccorso dell’ospedale Civile. Il giorno 16 marzo gli accessi per Coronavirus erano stati 66. Il giorno 5 aprile 30. «C’è una riduzione dei giorni di punta» ammette il dottor Livio Carnevale, responsabile del dipartimento di Emergenza e Accettazione, ovvero del pronto soccorso, nonchè dirigente di Anestesia e Rianimazione. «Però continua l’emergenza per le aree intensive, anche se c’è meno pressione sui reparti e meno attesa per un ricovero». Parole che il medico in prima linea fin dall’inizio per l’accettazione dei malati Covid, soppesa una per una. È solo un piccolo spiraglio. Non è neppure vero che i casi che emergono ora possano essere meno aggressivi. La malattia si presenta anche su persone più giovani rispetto a quelle che si ricoveravano qualche settimana fa. Ma quando un giovane arriva in ospedale, dopo diversi giorni di polmonite a casa, è sicuramente grave. Una situazione parallela la sta vivendo la clinica Beato Matteo (gruppo San Donato) dove ad esaminare i dati è il direttore generale dottor Pietro Gallotti: «Noi siamo diventati un unico ospedale dedicato al Covid. Non abbiamo più altri reparti. Abbiamo avuto in questi ultimi giorni una situazione altalenante. Mentre i ricoveri per coronavirus erano leggermente calati la scorsa settimana, passando dai dieci di media al giorno sino a cinque o sei, ultimamente si sono ripresi, e siamo sui sei o sette al giorno. Inoltre l’ospedale è pieno in tutti i suoi 110 posti letto, compresi i dieci che abbiamo attivato di terapia intensiva e decine di subintensiva. La novità è che abbiamo aperto un ulteriore reparto di riabilitazione respiratoria da esiti di malattia, per 25 posti letto. Questo ci ha permesso di alleggerire i reparti intensivi». Gli ultimi giorni, per il Beato Matteo, sono stati dedicati al problema delle Case di Riposo. «C’è una ripresa di malati da queste strutture – afferma ancora Pietro Gallotti – che arrivano in condizioni molto gravi. La situazione è delicata, perchè in queste residenze comincia a verificarsi anche un calo del personale, che si ammala. Anche per questo da noi la pressione rimane alta». I dati dei ricoveri e delle gravità dei degenti in arrivo, con polmoniti massive bilaterali, stanno facendo ricredere i medici su un possibile rapido risvolto positivo. Anche l’ospedale Civile di Vigevano ha dedicato 110 posti circa ai reparti Covid e ne ha 14 di terapia intensiva, più diversi di subintensiva con i cosiddetti CPUP (Continuous Positive Airway Pressure) un metodo che consente, attraverso una maschera, una costante pressione respiratoria. Grazie a queste apparecchiature la terapia intensiva viene alleggerita, appena possibile. Sarebbero comunque necessari altri ventilatori. Ma nel contesto generale anche l’ospedale di Vigevano resta sotto pressione. Con casi di anziani, tra i più falcidiati dalla malattia, e altri di giovani che arrivano dopo aver sviluppato parecchie complicanze per essere rimasti troppo a casa. Tenendo presente che in questa struttura sanitaria pubblica dell’Asst sono comunque rimaste aperte sia la Chirurgia che la Medicina per accogliere pazienti con altre patologie. Anche l’ospedale di Mortara appoggia quello di Vigevano, dopo avere diviso in due il reparto di Medicina (spostato in Broncopneumo). Da una parte pazienti non Covid e dall’altra pazienti Covid ma con patologie meno complesse. Una parola va spesa per la classe medica e infermieristica che ha diversi dottori e infermieri ricoverati e ha pagato un prezzo molto alto per i contagi. Nonostante ciò ci sono episodi che fanno capire cosa sta succedendo. «Una infermiera che era stata in Rianimazione con me 25 anni fa – conclude il dottor Carnevale – aveva scelto la professione di ostetrica e abita lontano da Vigevano. In questi giorni mi ha chiesto: avete bisogno? E io le ho detto: certo che abbiamo bisogno. E adesso è qui che lavora. E non è la sola. Altre adesioni generose sono arrivate da medici già in pensione e specializzandi». Anche questo è il Covid. Una malattia che ha sconvolto la sanità dalle sue fondamenta e quasi nessuno si è tirato indietro.