Serve una sovranità produttiva Anche se l’Europa ci aiuterà

L’aggressività della malattia l’abbiamo imparata, la dovuta prudenza stiamo cercando di farla capire, ma quel che sta dietro l’angolo ancora non lo possiamo sapere bene. Non sappiamo, ad esempio, se avremo ancora il lavoro fra qualche mese. Molto dipenderà dallo Stato, ma soprattutto dall’Europa. Il parlamentare europeo Angelo Ciocca, si può considerare lomellino d’adozione, per quanto conosce bene la nostra zona e per la vicinanza che l’ha sempre contraddistinto, anche quando era consigliere regionale. Ciocca è della Lega e non è mai stato tenero con questa Unione Europea, ma ora il suo atteggiamento è di cauto ottimismo. Secondo Ciocca ce la faremo e anche l’Europa capirà, lo sta già facendo. È cambiato parecchio nelle ultime ore dopo che lo stesso aveva scritto, giovedì scorso 5 marzo, che «quella che si sta delineando in questi giorni è un’Europa fintamente solidale, che come sempre fa grandi proclami e discorsi, ma poi fa prevalere l’egoismo dei singoli Stati (…) e poi cosa forse ancor più grave vediamo una banca tedesca chiedere di vendere i nostri titoli di Stato perché diventeranno spazzatura». Oggi Ciocca ci confida che la situazione, dal suo punto di osservazione privilegiato, sembra in una fase di netto cambiamento. «Non si nasconda chi in Europa finora ha fatto i suoi sporchi comodi – afferma – È successo perchè la politica, in generale, era totalmente distratta. Oggi, giorno dopo giorno, la salute dei cittadini ci fa stare molto attenti a quel che succede. A Bruxelles hanno capito che dopo la Brexit di un mese fa l’Europa non potrebbe permettesi anche un’Italexit e questo ha fatto rivedere molte posizioni».
Noi pensiamo sempre ai nostri commercianti, artigiani, imprenditori, che soffrono e non sanno se potranno riaprire. Cosa possiamo dire loro?
«C’è un solo sistema. Promettere che potremo aiutarli senza chiedere loro di impegnare le prossime cinque generazioni a ripagare i debiti che faranno ora. Gli strumenti ci sono e anche in Europa sembra che inizino a capirlo. Se un cavallo è malato non dobbiamo ammazzarlo, ma cercare di dargli degli antibiotici per curarlo, altrimenti non ce l’avremo più. Va definita per tutti, anche per i nostri imprenditori lomellini e lombardi, unici al mondo per maestria, una strategia che consenta loro di salvarsi. In questo momento se si resta da soli nessuno può farcela».
Ma strumenti simili ai tanto invocati coronabond potranno arrivare?
«Io credo di si. Se non specificamente quelli, ma misure simili. Stiamo parlando di un debito pubblico europeo. Il concetto è che l’Europa fa bene a fare un debito per far fronte non solo al virus della malattia, ma anche al virus economico. Un debito che si possa ripagare con il Pil dell’Europa e degli Stati membri, come fu fatto nel Dopoguerra. Purchè quel debito sia produttivo. Se lo faccio per una baby pensione o per un reddito di cittadinanza è da incoscienti. Ma se devo consentire a un’azienda di avere liquidità a zero interessi è indispensabile per non far chiudere i nostri imprenditori, far ripartire il lavoro e ritornare a correre. Non possiamo far fallire le aziende per obbligarle a pagare le tasse. Avremo doppio danno, i disoccupati da mantenere e la ditta chiusa che non darà più gettito. Sono già in programmazione per i prossimi anni degli strumenti e delle misure che vanno, da una parte, alla programmazione di ingenti risorse a fondo perduto e dall’altra alle garanzie che l’Europa potrà assicurare per i finanziamenti agli imprenditori che oggi non le hanno».
Il mondo che abbiamo visto sinora dovrà cambiare?
«La politica deve cambiare. Togliere burocrazia e capire che ci sono settori strategici che devono essere comunque mantenuti all’interno di una filiera. La “sovranità produttiva” è vitale. E non mi riferisco solo alle mascherine. Se l’import export è completamente bloccato potrà capitare che non arrivi il grano dal Canada. Un futuro di guerre battericide potrebbe essere devastante se non ci facciamo trovare pronti.
La speranza qual è?
«I nostri medici e ricercatori sconfiggeranno il virus e avremo un futuro radioso, io sono sempre stato ottimista. Ma questa vicenda lascerà ferite profonde. Ci sarà grande sofferenza per i contatti interpersonali che noi italiani siamo tanto abituati ad avere. Per un certo periodo non potremo più farlo. Dobbiamo stare in casa oggi e domani a distanza, finchè la scienza medica non ci fornirà gli antidoti. È indispensabile».

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