Al Cavour si lavora per ospitare la clientela all’interno del locale:
«Le abitudini cambieranno: ci si fermerà per lo stretto necessario»
Afflusso contingentato e distanze di sicurezza di almeno un metro. Tradotto, significa posti ridotti nei locali. Lunedì è stato il primo giorno della fase 2 e per molti bar e addetti al settore della ristorazione è stato possibile incominciare il servizio da asporto. Nel frattempo ci si prepara anche in vista della fase successiva quando le attività potranno riaprire al pubblico e i gestori dovranno necessariamente operare per garantire la sicurezza di tutti i clienti. L’esempio di come saranno recepite le direttive del comitato tecnico-scientifico e del ministero della Salute arriva dal caffetteria Cavour che ha aperto le porte al nostro settimanale per illustrare nel concreto che cosa succederà dal primo giugno, quando verosimilmente la gente potrà tornare nel locale e sedersi intorno a un tavolo, come avveniva una volta.
Non sarà però una normalità, come l’avevamo conosciuta fino ad adesso. Perché i posti a sedere, all’interno del locale di corso Cavour, saranno soltanto sette, in confronto ai 25 che c’erano prima che scoppiasse l’emergenza. «Per recuperare un pò di spazio – spiega il titolare Antonio Armaroli – abbiamo dovuto ridurre della metà gli scaffali per la vendita dei prodotti: prima erano quattro, adesso sono due. I tavoli saranno distanti due metri tra loro e ci si potrà sedere fino a due persone. Inevitabilmente dovranno cambiare le abitudini della gente che non potrà fermarsi a lungo, se non per il tempo necessario alla consumazione. È chiaro che lavoreremo al 30 per cento delle nostre possibilità ma intanto abbiamo compiuto un primo passo. Lunedì – continua Armaroli – abbiamo incominciato il servizio da asporto e consegna a domicilio per colazioni e pranzo: siamo aperti dalle 7 alle 17. L’auspicio è che, a fronte della riduzione del lavoro di due terzi, ci arrivi anche l’aiuto dal governo centrale perché la tassazione rimane elevata e a giugno bisognerà pagare anche le imposte che non abbiamo versato nei mesi precedenti in cui siamo rimasti chiusi. Noi commercianti siamo dell’idea che per ripartire sarebbe necessario un anno fiscale bianco: speriamo che ciò accada», conclude Armaroli.