Il termine “picnic” deriva dal francese “pique-nique”, che si compone di “pi quer” (spiluccare, stuzzicare) e “nique” (piccola cosa): questa origine linguistica riflette l’essenza stessa dell’attività, che invita a gustare piccole delizie in compagnia. Già nell’antica Roma, i membri della classe agiata organizzavano pranzi all’aperto durante le loro gite nei campi o nelle ville caratterizzati da un’atmosfera di festa e convivialità, rappresentavano un momento di svago e celebravano il piacere del buon cibo e della compa gnia. Inizialmente concepito come un evento sociale e sofisticato, si trasformò in un’attività più intima e personale. Questa evoluzione lo rese perfetto per gite fuori porta e corteggiamenti. Il pic nic ha trovato espressione anche nelle arti visive: una delle opere più celebri è “La colazione sull’erba” di Édouard Manet, che ha spostato il concetto di picnic da un contesto esclusivamente aristocratico a uno più universale e accessibile. Negli anni 50 , durante il boom economico, i lavoratori ormai rientrati dalle ferie estive, il sabato e la domenica usavano fare merende in riva ai fiumi, laghi o in collina. Le donne indossavano gonne a ruota o a campana o i pantaloni Capri, aderenti e terminanti appena sotto il ginocchio abbinati a maglie o camicette dai colletti arrotondati, bot toni decorativi e maniche corte. I colori erano quelli pastello, come il rosa cipria, l’azzurro cielo o il verde menta, mentre le stampe floreali e i pois aggiungevano un tocco vivace e giocoso. Gli uomini, raccolte museali private pantalone, camicia a manica corta o polo e per chi desiderava un’ immagine più formale, una giacca leggera in lino o cotone era la scelta ideale. In foto, un raro set per il picnic anni 50: valigia in pelle e scomparti con tutto il necessario