La storia della Santa Lucia Prima pizzeria di Mortara

Nacque nel 1960, quando questo piatto era ancora sconosciuto

Il fondatore Antonio (Tom) Apicella ricordato dal figlio Gianluca

Nei locali di via Del Cannone a Mortara è nata nel febbraio del 1960 la prima pizzeria della Lomellina. Ad aprirla e a portare tra le risaie un assaggio di quel cibo che oggi è il prodotto culinario italiano più diffuso al mondo è stato Antonio Apicella, proveniente da Tramonti un comune in provincia di Salerno. Oggi quella attività storica è gestita da Raimondo Lo Presti, anch’egli pizzaiolo mortarese da molti anni, prestato dalla terra calabrese. È a lui che è stata assegnata la targa delle attività storiche della Provincia di Pavia. È lui che mostra l’effigie con orgoglio davanti al forno di via Del Cannone, assieme a  Gianluca Apicella, il figlio del mitico primo pizzaiolo di Mortara e della Lomellina. La storia di Antonio Apicella nasce nella bottega del padre a Tramonti, che faceva il panettiere, ed è grazie a lui che ha imparato a impastare e decorare la pizza. Poi, alla  fine degli anni ’50 è arrivato per tanti uomini del sud il momento di emigrare. E lo fecero anche Antonio e il fratello maggiore Gennaro, che aprì una pizzeria a Novara. Per Antonio in un primo momento ci furono incarichi da garzone in diversi locali della Versilia, a San Remo e a Milano. Infine la decisione di aprire a Mortara. Erano i primi giorni di febbraio del 1960. A raccontare la storia del papà e della sua storica attività è Gianluca, che oggi ha un importante incarico in un’azienda mortarese e non si dedica direttamente alla pizzeria. Ma quei momenti “antichi” li ricorda attraverso la memoria del padre e della mamma Rita. «Nessuno allora a Mortara conosceva la pizza. Quando mio padre è arrivato qui sono stati momenti duri. Oggi è uno dei cibi più diffusi al mondo, ma allora è stato difficile imporsi. La pizza si vendeva anche a trancio, perchè non tutti la volevano intera. Basti pensare a questo. E soprattutto non c’erano le centinaia di pizze di oggi, dai più svariati ingredienti, ma solo la margherita e la marinara (senza mozzarella). Solo in un secondo tempo è arrivata quella al prosciutto e la Quattro Stagioni. Ovviamente, dopo i primi tempi difficili, arrivò la diffusione di massa». E la Santa Lucia di Mortara divenne un luogo di frequentazione straordinario, un appuntamento fisso di compagnie e di amici. Erano i tempi in cui Antonio (da allora soprannominato dagli amici Tom)  non aveva orari. Dopo il lavoro normale della giornata arrivavano i ragazzi della notte (anche fonda) per gustarsi l’ulltima sfornata tra birra e risate. Anche lui partecipava. E diceva la sua sui fatti del giorno. Con dei modi tanto garbati quanto  autorevoli. Aveva uno sguardo aperto e un sorriso genuino. Attaccava il suo discorso quasi sempre così: «Io penso che…». Anche quell’intercalare era diventato un modo per identificare la sua pizzeria. Poi, come per tutte le cose, è arrivato il momento di lasciare. I gestori successivi furono comunque (anche loro) accompagnati dal ricordo di migliaia di visitatori. Subito dopo Antonio fu la volta, alla fine degli anni ’80 di Mauro Pastorello, poi del figlio Gianluca Apicella (era il 1998) che di giorno lavorava già, ma  di sera aiutava Fabrizio (Brizio) Cavallè. Per arrivare all’attuale Raimondo Lo Presti, con la gestione del quale si sono rinnovati totalmente i locali. Raimondo può vantare anche un ottimo ristorante annesso. L’immobile, però, resta sempre quello di allora. Sono invece cambiate le esigenze e le richieste della clientela. «Oggi le pizze da proporre sono un’infinità – afferma Raimondo – da allora è cambiato tutto». Nonostante il periodo di ristrettezze che tutte le attività di ristorazione stanno vivendo a causa della pandemia Raimondo è orgoglioso della sua pizzeria e della sua clientela. Ed è anche consapevole della storia che ha alle spalle. Mostra la targa delle attività storiche che gli è stata conferita assieme a Gianluca Apicella, sfoglia fotografie d’epoca e ascolta con attenzione la storia della Santa Lucia. «Questa è una tradizione italiana che va preservata. E io cercherò di farlo. Per quel che posso ci metto tutto il mio impegno». Davanti al forno che offre pizze all’intera Lomellina da sessant’anni anni adesso c’è lui. 

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