Una passione: la musica La storia di Vero Mambrini

L’epopea di un artista che viaggiò anche fuori dai confini italiani

Il racconto dalla moglie Marisa attraverso le foto e ricordi d’epoca

Chi ha vissuto i tempi del Dopoguerra e degli anni Cinquanta e Sessanta si ricorda perfettamente di Vero Mambrini e della sua orchestra. Successivamente il Vero ha suonato ancora per molti anni,  calcando il parterre di balere e feste estive. Fu un musicista a tutto tondo per quell’epoca. L’unico professionista con una propria orchestra che ebbe Mortara in quegli anni. La sua storia è raccontata oggi dalla moglie Marisa (Maria all’anagrafe) che era molto più giovane di lui e che lo sposò dopo averlo conosciuto al Buffet della Stazione di Mortara, quando lui era già un musicista affermato. Vero Mambrini nacque nel dicembre del 1918 e nel prossimo agosto saranno trascorsi vent’anni dalla sua morte, avvenuta nel 2001. Per Vero Mambrini la tromba era la vita. Anche quando era ormai anziano e malato pensava solamente a quello, a quando avrebbe potuto fare il suo prossimo concerto. Ma ci sono episodi e momenti che in pochi sanno, ad esempio che il maestro Vero Mambrini non ha imparato a suonare la tromba, ma il violino. Lo racconta la moglie, che conserva ancora gelosamente la tromba del marito: «Mi raccontava Vero che la sua passione per la musica, fin da ragazzino, era così forte che i suoi genitori l’hanno mandato a studiare a Valenza, da un maestro. Non hanno potuto, però, offrirgli il conservatorio, come lui avrebbe voluto. A Valenza studiò violino, però, non tromba. Poi fu il momento della guerra e lo chiamarono. E conoscendo la musica lo assegnarono alla banda. Fu mandato a Boves, in provincia di Cuneo, nella banda dell’esercito dove non c’è il violino. Per questo gli assegnarono la grancassa, che certamente non era il massimo per la sua passione musicale. Fu in quel momento che si appassionò alla tromba. E imparò a suonarla da solo, dimostrando una enorme predisposizione. In pochi mesi, per la sua innata passione fu padrone dello strumento e chiese di suonare il “Silenzio”. Nacque una discussione tra i graduati che fu ascoltata da un superiore il quale prese la sua parte e ordinò: “fatelo provare”. Naturalmente da allora non smise mai più di suonare la tromba». Quella nella banda dell’esercito era stata la prima di una serie di migliaia di esibizioni in grandi scenari e piccoli oratori. Vero Mambrini ebbe anche un’occasione molto importante, appena dopo l’Armistizio. Fu chiamato a Torino dall’orchestra della Rai, ma non potè proseguire per molto. La diaria che percepiva non bastava a pagare la pensione e a spedire qualcosa alla famiglia. Per questo dovette ritornare al suo paese, a Sartirana. Fu nell’immediato Dopoguerra che  formò il primo Vero Mambrini Sextet. Un grande succcesso per anni che lo portò ad affrontare tournée in Lombardia, in Svizzera e nelle riviere. Suonò moltissimo anche in tutte le balere di Mortara e del territorio. La sua era un’orchestra jazz e swing che suonava ovviamente anche nelle sale da ballo e non poteva non avere in repertorio ogni motivo ballabile. «Il suo cavallo di battaglia era “Ciliegi Rosa”» afferma la moglie che possiede ancora una serie di musicassette d’epoca. Il brano di Louiguy del 1950, che fu interpretato anche da Nilla Pizzi, era un “latin cha cha cha” molto adatto alla tromba. La sua band cambio musicisti e cantanti. Cantarono con il Vero personaggi mortaresi come Bob Farrel (Felice Scanarotti) e Umberto Farina. Altri solisti d’epoca furono Jonni Marchi ed Emi Dorè. Ebbe come cantante anche la mitica Mira Torriani, che calcò la scena nazionale del ballo liscio. La moglie di Vero Mambrini conclude raccontando come si conobbero, nel 1961. «L’incontro fu al bar della Stazione di Mortara – afferma – io lavoravo e abitavo a Novara. Poi ebbi un’offerta di lavoro a Mortara alla Scac e quindi venivo qui in treno. Mentre attendevo l’arrivo del convoglio stavo al buffet e lui frequentava parecchio quel luogo, per il fatto che c’era il telefono. Ci notammo, in più di un’occasione, poi ad un certo punto ci conoscemmo. Ci sposammo a Novara, nella chiesa di Sant’Andrea. Iniziò allora la mia vita con Vero Mabrini e la sua musica. Suonò per tutta la vita, perché quella era la sua vita, fino al 1998, quando aveva ottant’anni. Scomparsa la musica fu la malattia e l’inizio della fine». 

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