Richieste di intervento in leggero calo è la prima conseguenza delle azioni di contenimento del coronavirus. «Ci sono piccoli segnali di miglioramento – esordisce Umberto Fosterni, presidente CRI Mortara – ovviamente non cantiamo vittoria, ma è certamente un segnale positivo. Le richieste di intervento dei nostri mezzi sono quasi esclusivamente per persone con febbre, tosse e problemi respiratori. Insomma, i sintomi del coronavirus, mentre le altre tipologie di richieste sono quasi ridotte al lumicino. Lo stare in casa ha modificato anche il nostro servizio». In passato erano molte le richieste giornaliere che arrivavano dalla centrale del 118 divise per diverse patologie: problemi cardiaci, neurologici, cadute, incidenti domestici o stradali e malesseri in generale. Il coronavirus ha contribuito a far capire che in pronto soccorso si va per cose non rinviabili e di vitale importanza. Sono spariti, come una bolla di sapone, le chiamate perché si è vomitato due volte, per febbre 37,2, per non parlare dei “servizi taxi”, cioè quelli che davvero di urgente non avevano nulla. Per cautela si trasportava tutti in ospedale. Questa nuova emergenza, invece, ha portato a inviare nei pronto soccorso solo chi non può stare a casa. «Le nostre uscite sono ormai quasi tutte per sintomi da coronavirus – prosegue Umberto Fosterni – e negli ultimi giorni la situazione sta migliorando. La gente, fortunatamente, ha cambiato le proprie priorità nel chiedere un’ambulanza e con i trasporti in pronto soccorso. Oggi, in piena emergenza, l’ordine è di stare a casa il più possibile per evitare contagi. I nostri mezzi escono sempre su richiesta del 118, ma caricare un paziente è davvero un’eccezione». Chi chiama è spesso spaventato e vuole solo essere rassicurato da una misurazione della saturazione del sangue o della pressione. «Nella stragrande maggioranza – conclude Umberto Fosterni – i soccorritori, dipendenti o volontari che ringrazio per il loro coraggio e disponibilità, svolgono anche un grande ruolo sociale e in qualche modo tranquillizzante. Poi vi sono casi dove il trasporto è necessario e sono fortunatamente in calo. Sono casi in cui serve l’ossigeno o altri accertamenti. La paura del paziente e dei suoi familiari è di non sentirsi più. Infatti, una volta entrato in pronto soccorso e ancor più se ricoverato, non sono possibili le visite dei propri cari. L’unico contatto è telefonico. E questa lontananza, oltre al problema della salute è il grave spauracchio. Qualcosa di positivo si sta vedendo. Mi raccomando restate in casa».