A oltre due anni da quel maledetto 6 settembre 2017, la preoccupazione dei mortaresi è tanta per il destino della bonifica del sito della Eredi Berté. Una bonifica assente, nonostante due incendi e tante promesse di intervento da parte della politica. L’ultima, in ordine di tempo, quella del deputato della Lega, Marco Maggioni, che al nostro giornale ha affermato di voler scrivere al prefetto di Pavia, Silvana Tizzano, per sollecitare un intervento ritenuto ormai come necessario e non più procrastinabile. La sensazione è che si sia perso tantissimo tempo, al di là dei tempi della magistratura e di un’indagine che ha portato al rinvio a giudizio del titolare Vincenzo Berté, accusato di incendio colposo e realizzazione di discarica non autorizzata (17mila metri cubi di rifiuti speciali a fronte di un quantitativo autorizzato di circa 6.800 metri cubi).
«Io abito non troppo distante dalla fabbrica – commenta Amedeo Celoria, 65 anni, pensionato – ed è chiaro che un po’ di preoccupazione c’è per ciò che potrebbe capitare in futuro, visti i precedenti. Quel che è certo è che è stata una faccenda gestita male fin dal principio. E purtroppo non conosciamo ancora gli sviluppi». Disincantata l’opinione di Teresio Papetti, attore e pensionato: «I tempi della magistratura sono sempre lunghi in Italia – taglia corto – e questo sicuramente non ha contribuito a facilitare la bonifica in tutto questo tempo. Detto questo, qualcosa in più gli organi competenti avrebbero dovuto e potuto farlo». Ne è convinta anche la 71enne Maria Rosa Delpero, pensionata: «Il problema è che a Mortara chi amministra se ne frega – tuona – adesso tutti si svegliano e pensano di risolvere i problemi dall’oggi al domani, quando in due anni non è stato fatto nulla. Personalmente non credo più a nessuna promessa: voglio vedere i fatti». Così anche Valter Parazzoli, 83 anni, in pensione: «Sarebbe ora che si decida qualcosa – sostiene – mi chiedo che cosa stiano aspettando. Forse che ci scappi un altro incendio? Le colpe ci sono state ma voltarsi indietro non ha più senso: bisogna dare delle risposte». Questo il punto di vista della 63enne Laura Legnazzi, in cerca di occupazione: «È ora di fare qualcosa – afferma – troppo tempo è passato senza che sia stato portato a casa alcun risultato significativo. Non oso pensare a cosa potrebbe succedere d’estate ancora con quella tonnellata di rifiuti ancora accatastata in bella mostra. Chi ha il potere di farlo, si faccia sentire in tutte le sedi opportune». Telegrafico il parere di Antonio Ricci, 77 anni, pensionato: «È una faccenda che le autorità devono risolvere tra di loro – sottolinea – io dubito che si possa ottenere qualcosa a breve termine, dopo che in due anni non sono stati fatti passi significativi. Però la speranza, come si dice, è l’ultima a morire e siamo obbligati a crederci». Gli fa eco Giorgio Santinon: «Siamo in Italia – ammette laconicamente – quindi non c’è più nulla di cui stupirsi: la burocrazia rallenta tutto quanto. Sarebbe ora che dalle parole si passasse ai fatti ma al momento non ne vedo i presupposti». Articolata la disamina di Giorgio Veronese: «Il tema è delicato – osserva – non sappiamo nulla: chi deve farsi carico della bonifica? Sono tutte domande a cui l’amministrazione dovrebbe dare una risposta. I cittadini meritano di sapere. È chiaro che le voci, se non sono accompagnate da dichiarazioni ufficiali di chi di dovere, alimentano preoccupazioni». E ancora: «Il problema non è soltanto mortarese ma anche lomellino – dice Petru Vere, 64 anni, elettricista, di nazionalità rumena – ci riguarda tutti da vicino. Vedere tutti quei rifiuti ancora lì a distanza di tempo non è certamente una buona cosa per la salute dei cittadini né è un bello spettacolo. È tempo che si faccia qualcosa». Chiudono il cerchio le considerazioni del 67enne Carlo Vandone, pensionato: «Io ho partecipato alle manifestazioni di protesta – chiosa – e ritengo che le colpe vadano suddivise tra tutti. La politica ha avuto sicuramente in questi anni le sue colpe ma anche la gente non è esente da responsabilità. Ci si indigna solamente quando scoppiano i roghi ma poi, passata la fase dello sdegno, tutto ritorna alla normalità. Indietro non si torna più: l’amministrazione comunale deve dare un segnale concreto, se non altro per far capire che su questo tema l’attenzione rimane sempre alta».