Video vietati durante le dirette. La causa sono i troppi falsi utenti

Vengono usati nomi fittizi per chiedere l’accesso agli incontri su internet «Meet e Zoom sono piattaforme nuove per tanti, proteggersi è possibile»

I casi si stanno moltiplicando, anche sul nostro territorio: durante alcune dirette online, spesso in caso di open day scolastici ma non solo, appaiono a un certo punto immagini sconvenienti e si sentono termini blasfemi. Genericamente, per raccontare queste vicende si tende a fare riferimento al termine “hacker”, che indica soggetti che grazie alle proprie competenze informatiche riescono ad accedere alle reti potendo disporre delle informazioni al loro interno. È bene fare subito una distinzione: nel caso delle incursioni avvenute anche dalle nostre parti, non è corretto fare riferimento agli hacker, ma piuttosto si è trattato di individui che si sono intrufolati nelle dirette come “normali” utenti, facendo poi partire i contenuti vietati. «Il problema – spiega  Francesco Boffino di Pc Perfect – è che queste riunioni online sono un qualcosa di nuovo per tutti. Non ci siamo mai trovati a dover affrontare un uso così elevato di piattaforme come Zoom e Meet. Prima le video conferenze erano usate dalle grosse aziende, che spesso si affidavano a piattaforme interne. Oggi, invece, ci stiamo aprendo a un mondo nuovo. E quando ad esempio vengono organizzati open day, succede che il link di accesso venga pubblicato liberamente, consentendo un accesso indiscriminato. Si entra, spesso, senza essere controllati a priori. Aggiungo che, nelle scuole di Mortara che seguo, nei normali orari di lezione queste incursioni non possono accadere, perché gli accessi al sistema “Classroom” sono vincolati». Ci sono rischi per la privacy degli altri utenti? «Ciò che questi soggetti possono vedere è al massimo il nostro indirizzo mail, non di più. Credo che questi problemi nascano anche perché ci si approccia spesso per la prima volta a queste piattaforme, ma una volta capito l’errore lo si può risolvere, prima di tutto controllando la presenza di nomi reali da parte di chi chiede l’accesso, anche se questi potrebbero comunque essere di fantasia. Esistono anche altre soluzioni, come una prima “stanza” a cui far accedere tutti, e in presenza dei corretti requisiti, viene fornito il link per la stanza corretta». In queste specifiche situazioni «è in effetti inesatto parlare di hacker – dice Alberto Paglino dello Studio AlfaSoft srl – ma piuttosto del rischio di far accedere alle dirette persone la cui identità non viene verificata. Più in generale, quando si sentono notizie del genere occorre sempre valutare nel dettaglio cosa è accaduto nella specifica vicenda. Ad esempio, è possibile che qualcuno riesca a intercettare gli url presenti nelle mail di invito alle videoconferenze, e sostituisca il pacchetto. Sistemi come Google sono fortemente controllati, e piano piano si sta crittografando tutto, mail comprese. Quando si parla di veri e propri hacker si fa riferimento a sforzi tecnici non indifferenti, quindi va sempre compreso il contesto del fatto». E attenzione: per chi si rende protagonista di questi atti, potrebbero presentarsi gli estremi per essere accusati di, per esempio, ingiuria, diffamazione e interruzione di pubblico servizio, sempre a seconda dei casi.

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