Un traguardo importante che sarà ricordato domenica alle 18 a Sant’Albino Tanti aneddoti, dall’avvicinamento ai francescani alla prima messa in carcere
Sessant’anni di ordinazione religiosa e non li sente. Ha la solita verve del “ragazzo”, nonostante gli anni passano anche per Padre Nunzio che ricorderà questo importante traguardo alle 18 di domenica 27 giugno, nella “sua” Abbazia di Sant’Albino. Sono tante e molte le cose che Celestino Mario De Agostini ha fatto fin da ragazzo. Studi classici, la sua passione, ma anche l’università, pronto a una vita “civile”. Invece, il destino aveva in serbo altro. «Per la mia vocazione c’è voluto del tempo – esordisce Padre Nunzio De Agostini – dopo la maturità classica volevo approfondire il francese e lo spagnolo e ho deciso di fare un viaggio nei due stati partendo in autostop. Ricordo bene la faccia di mio papà. Ma sono partito. Come primo passaggio, da Mortara, ho trovato una coppia che andava a Sanremo. Di lì ho proseguito, fino ad arrivare alla fine della Spagna». Dopo il visto del passaporto per il passaggio in Africa uno strano episodio. «Mi sono trovato a Casablanca all’inaugurazione di un ritrovo per ragazzi che avrebbero gestito i francescani. Ho partecipato alla festa e, incuriosito, ho chiesto ai frati come avessero fatto. La risposta fu secca: fatti frate e lo saprai! È iniziata così una lunga maturazione, fatta di ascolto, ma anche di pareri di sacerdoti, suore. Tutti mi sconsigliavano. Ma poi il destino ha voluto diversamente». Fino a portarlo alla decisione di provare il noviziato dai francescani. Superato quello, i tre anni con i voti temporanei, poi quelli perpetui, a cui si aggiunge lo studio della teologia per arrivare all’ordinazione presbiterale. «Mentre studiavo a Torino teologia – svela Padre Nunzio – i miei superiori mi hanno mandato ad aiutare il cappellano del carcere. Seguivo il braccio dei ragazzi più o meno della mia età. Ho quindi conosciuto tanti ragazzi giovani che erano finiti in carcere». E ha lavorato fino all’ordinazione del giugno 1961. «In carcere ho aiutato un ragazzo – prosegue – figlio di buona famiglia, ma che aveva commesso un reato. Piano piano siamo entrati in confidenza. Ha voluto gli insegnassi latino, greco, filosofia che erano le materie dei miei studi universitari. Divorava quei libri. E alla fine mi ha svelato che avrebbe voluto diventare frate come me. Ho riferito al mio superiore». Poi l’ordinazione per mano dell’ausiliario di Torino, Monsignor Bottino alla mattina, e nel tardo pomeriggio, la vera prima Messa nella cappella del carcere stracolma di detenuti maschi, ma con una eccezione. «La mia prima Messa fu nel carcere. Ad assistere, unica donna autorizzata nel braccio maschile, mia mamma Rina. Tutti erano emozionati. Alla fine, mia mamma ha distribuito l’immaginetta della mia consacrazione e tutti l’abbracciavano come se fosse la loro mamma (vista anche l’età dei detenuti, ndr)». Ma il ragazzo che voleva farsi francescano? «Silvano (così si chiamava, ndr) – aggiunge particolari – una volta scontata la sua pena, come aveva suggerito il Padre provinciale, ha atteso un anno, poi è entrato nel noviziato. È diventato Padre Leone ed è missionario in Bolivia dove ha aperto scuole e aiutato la popolazione. Un fatto che ricordo sempre con piacere». Quel giovane detenuto, con le sue mani, aveva preparato un fantoccio raffigurante un frate e l’ha offerto a Padre Nunzio come regalo. Vestito con quel saio che, qualche anno dopo, avrebbe indossato anche lui. Da lì è iniziata l’attività di Padre Nunzio, fra una parrocchia di Vercelli, Mortara e altre in provincia di Arezzo fino ad essere incardinato nella Diocesi di Arezzo e poi, per assistere i genitori, il trasferimento alla Diocesi di Vigevano e a Mortara come abitazione. Parroco della frazione dei Casoni di Sant’Albino e rettore dell’antica abbazia di Sant’Albino. Un lungo viaggio che sarà ricordato domenica.