Stefano Rocchi: un cuoco toscano doc nel cuore della Lomellina «Il segreto del successo? Puntare tutto sull’autenticità»

Entro a ‘l Toscanaccio e un attimo dopo c’è un bicchiere di Morellino che mi attende sul bancone. Provo ad abbozzare un «No, grazie, a pranzo evito» ma so già che è inutile. Perchè per Stefano Rocchi, cuoco, sommelier, maitre, ma soprattutto anima pulsante di questo ristorante nel centro di Vigevano, l’ospitalità è una cosa seria, è un fatto di dna. «Io sono nato e cresciuto nel Mugello» mi racconta mentre mi serve un piatto di ribollita fumante, che è un inno alle mie regole dello star bene e una panacea per le giornate no come quella di oggi. «E noi nel Mugello impariamo fin da piccoli l’amore per la terra, per la buona tavola, per i prodotti genuini che da generazioni vengono coltivati e prodotti nello stesso modo. Ritrovarsi per mangiare insieme è il modo migliore per portare avanti le relazioni e per mantenere quel calore umano che per me è imprescindibile». Stefano non è un lomellino, lo capisci al primo incontro dalla C aspirata della parlata toscana, che anni di dialetto nostrano non hanno per fortuna minimamente scalfito. «Sono arrivato qui più di quindici anni fa perché mia moglie, che ha origini mugellane e che ho conosciuto proprio a Borgo San Lorenzo, è cresciuta a Cergnago e qui ha sempre vissuto. Così, per amore, ho lasciato le mie colline e mi sono trasferito. Quando vivevo in Toscana, mi occupavo di alta velocità e lavoravo come geometra nelle autostrade; arrivato qui, ho dovuto cambiare attività e mi sono reinventato. Non è stato facile, per niente. Ad un certo punto ho capito che la soluzione avrebbe potuto essere fare ciò che mi rendeva felice: avere un posto dove poter cucinare come la mi’ nonna e la mi’ mamma e avere a pranzo e a cena amici, conoscenti, cittadini, per ricreare quel calore che sentivo ogni volta che tornavo nel Mugello». Una sfida importante, un salto nel buio per certi versi, in un contesto come quello lomellino che non vede di buon occhio le novità e in cui non è semplice farsi accettare. Eppure il successo de ‘l Toscanaccio è stato immediato e continua dopo sei anni, nonostante la pandemia, nonostante la crisi, nonostante il momento non facile. Le ragioni? «Vedi Cri, secondo me la ragione è solo l’autenticità di ciò che propongo. Ogni prodotto che porto in tavola arriva dal Mugello, dagli agricoltori amici del mi’ babbo, dalle cantine di vino biologico che io stesso ho visitato e dove compero il vino per casa mia, dagli allevatori che da sempre saluto quando torno a casa. Quando si entra qui, non si entra in un ristorante, si entra nella mia cucina e io vi preparo ciò che sono capace di fare, perché me lo ha insegnato la mia mamma. Il menu è più o meno sempre lo stesso, perché io quello so fare e lo so fare con prodotti che conosco, di cui mi fido e il risultato è sicuro, perché la gente ha bisogno di genuinità e qui la trova». Per ogni cliente che arriva o se ne va, Stefano ha una battuta, un commento o la sua risata contagiosa e spontanea. Come per i due clienti che gli chiedono il segreto della fantastica fiorentina che hanno appena mangiato. «Il segreto? Il segreto l’è la carne» risponde Stefano, mentre appoggia due peschine su di un piatto (Le conoscete le peschine? No? Ecco, provatele ma sappiate che danno dipendenza. Totale). «Se la carne è buona ed è quella giusta, non puoi sbagliare. La mia arriva tutta dal Mugello e per questo talvolta devo dire di no a chi mi chiede una fiorentina. Perché magari non è arrivato il camion. O più banalmente perché noi nel Mugello siamo pochi, ci sono forse più mucche che uomini, ma a un certo punto non si possono replicare le bistecche. Quelle sono. Sicchè, se non mi arriva la consegna, servo quello che ho in casa o tengo chiuso, ma mi rifiuto di acquistare altrove». E il tuo piatto preferito? «I tortelli mugellani. Quelli sono il massimo. La prossima volta che passi di qui te li preparo». E che faccio, gli dico no?

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